Onore a Don Verzé che ha fatto più miracoli che debiti

Il fondatore dell’ospedale forse ha sbagliato ma ha creato un modello di efficienza. E chi sta male se ne infischia di indagini e libri contabili: vuole soltanto guarire

Onore a Don Verzé che ha fatto più miracoli che debiti
Don Luigi Maria Verzé è un prete di 91 anni. Di lui co­me uomo si sa tutto e niente. Pettegolezzi e indiscre­zioni a iosa. Ha subito condanne. È in corso un pro­cedimento giudiziario sul suo conto. L’ospedale da lui crea­to a Milano, San Raffaele, è in difficoltà economiche. Se ne oc­cupa la magistratura. Si è detto e si è scritto che la struttura è malamente gestita: spese folli, investimenti all'estero, errori pasticci. Uno degli amministratori di spicco è morto suicida, Mario Cal. Soldi gettati al vento? Pare di sì. Si fa­voleggia di aerei usati come biciclette, con grande disinvoltura, di viaggi in Brasile. Addi­r­ittura sono state pubblicate fotografie su roto­calchi con intenti scandalistici: don Verzé ri­tratto in piscina. Capirai che notizia: un prete che in estate si tuffa in acqua. Altre foto lo ritrag­gono mentre mangia in una specie di mensa, piatti di plastica: fa orrore un sacerdote che pranza? Mah.

Veniamo alla contabilità. Risultano debiti: 300, 500, mille milioni? Tutto da verificare. Ignoriamo cosa sia in effetti accaduto. Lo accer­teranno gli inquirenti. Ciò che a noi sta a cuore è la sopravvivenza, nel suo splendore scientifi­co, del San Raffaele. Che non è un ospedale qualsiasi, segnalatosi per episodi di malasani­tà, pressappochismo, sciatteria. Al contrario, è una eccellenza: non milanese, non lombarda, non italiana, bensì europea. Un modello di effi­cienza e organizzazione sul piano della cura e dell’assistenza in favore degli ammalati. Una grande opera che incanta anche solo a guardar­­la dall’esterno. Chi ha usufruito dei suoi servizi è rimasto pienamente soddisfatto. Chi ha un problema più o meno grave di salute pensa im­mediatamente al San Raffaele, fa carte false per entrarci e affidarsi ai suoi medici rinomati. Questo ospedale, finito al centro di un caso clamoroso e per molti versi ancora indecifrabi­le, è dotato di tecnologie all’avanguardia,si av­vale di ricercatori di prima categoria, chirur­ghi di alto profilo professionale, oncologi pro­vetti nelle diagnosi e nelle terapie, specialisti in cardiologia in grado di compiere prodezze. Chi ha realizzato dal nulla tutto questo? Un pre­te veronese, laureato in lettere classiche e filo­sofia, che pensava in grande ma che aveva mez­zi modesti. La volontà e l’ottimismo supplisco­no anche alla mancanza di capitali. Don Verzé ha cominciato a edificare senza avere i soldi nemmeno per pagare la prima pietra. Si è scon­trato con il mondo intero, ma non si è mai fer­mato. Ha commesso abusi edilizi? Può darsi. Ma cosa volete che importasse a lui di un abu­so se aveva in testa un progetto come quello portato a termine?

In Italia è così. Si bloccano le iniziative buo­ne e si promuovono quelle pessime. Poi c’è sempre un giudice pronto a perseguire trascu­rando le buone intenzioni e le finalità. La legge è legge. E giù botte agli onesti, salvo chiudere un occhio sugli scempi edilizi che hanno deva­stato il Paese. È la vita, è l’Italia. Ma don Verzé con la serena incoscienza dei visionari e dei pionieri ha sempre anteposto lo scopo al resto: non si è mai arreso alle pastoie frenanti della burocrazia. E ci ha rimesso di persona. D’al­tronde il suo fine lo ha raggiunto: è lì da ammi­­rare, da toccare, da valutare. Un ospedale pilo­ta che non ha eguali. È diventato un mastodon­te. Era fatale a un certo punto che il sacerdote, col pallino di allungare la vita degli uomini ri­ducendo le loro sofferenze, perdesse il senso della misura e forse del denaro. Cosicché non ha badato a spese.

Forse si è fidato troppo dei pur bravi collabo­­ratori, tra cui non potevano mancare le pecore nere, e qualcosa gli sarà sfuggito di mano. So­no solo ipotesi, congetture. Ma una certezza l’abbiamo e la vogliamo dire, anzi, gridare. La giustizia faccia il suo mestiere, non saremo noi a invocare l’impunità per chi abbia eventual­mente sbagliato. Tuttavia attenzione a non buttare via il bambino insieme con l’acqua sporca. Il bambino è il San Raffaele. Del quale purtroppo tutti a un certo punto possiamo ave­re bisogno per non morire in anticipo rispetto alle nostre potenzialità di vita.

È noto. La salute è un bene prezioso del cui valore ci accorgiamo quando l’abbiamo per­sa. Non privateci del migliore ospedale di que­sto sgangherato Paese.

Non impedite a don Verzé di aiutarci a stare meglio. Fate quel che dovete fare, signori giudici, ma non uccidete il bene per colpire il male. I malati se ne infi­schiano delle inchieste e dei libri contabili, puntano solo a guarire. E si ammalano anche i magistrati.

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