Onore al soldato Masi entrato nella guerra con gli intoccabili Rai

Il direttore generale della Rai si congeda dopo un biennio di fuoco per aver sfidato Santoro & Co. Diventa amministratore della Consap

Onore al soldato Masi 
entrato nella guerra  
con gli intoccabili Rai

Il soldato Mauro Masi la­scia la direzione della Rai e si ritira in una postazione meno perigliosa. Sarà amministrato­re delegato della Consap, la Concessionaria dei servizi as­sicurativi pubblici. Una sine­cura per chi esce da un bien­n­io di battaglie quasi tutte per­dute, insolenze, siluri micidia­li e fuoco amico. Ora avrà tut­to il tempo di leccarsi le ferite. Non è un mistero che il cen­­trodestra avesse incaricato Masi di spostare l’asse del­l’azienda tradizionalmente pencolante a sinistra. L’idea era quella di sintonizzare il servizio pubblico sul risultato elettorale: se gli italiani vanno a destra, la Rai ne tenga conto.

Avuta la consegna, il soldato Masi ha calzato l’elmetto e si è messo a tenzonare a brutto muso contro gli occupatori del teleschermo: Annozero , Ballarò , eccetera. Con richia­mi, avvertimenti e carte bolla­te ha cercato di ridimensiona­re muscolarmente il potere di chi ha messo radici da decen­ni. Questa tattica è stata il suo errore e qui si è impantanato. Chi si è sentito minacciato ha urlato la parolina magica: cen­sura. Masi è passato per il ser­vo del mostro brianzolo e ha perso la pace. Lo hanno lavo­rato ai fianchi il Fatto , suo ne­mico giurato, grossi nomi e mezzecalzette. In un clima da suburra, è stato insultato e pre­so per i fondelli. Apro parentesi per farvi ca­pire cosa intendo. In vista del­le «amministrative» di mag­gio, Masi ha richiamato i re­sponsabili del Tg2 e Tg3 al ri­spetto della par condicio . Una bagatella.

Ma l’Usigrai, il sin­dacato dei giornalisti Rai, ha reagito per bocca del segreta­rio, Carlo Verna. E sentite che bocca: «Nessuno si lascerà in­timidire dai richiami di Ma­si... arbitro parziale...e la sua iniziativa inciderà come l’ac­qua fresca. Non tutte le barzel­lette fanno ridere e in questo caso il direttore generale non l’ha saputa neanche racconta­re ». Sorvoliamo sulle gerar­chie, ma i toni - ne converrete - sono da ballatoio. A dare il là al pattume era stato, d’altron­de, Santoro nel settembre 2010 al debutto stagionale di Annozero . Seccato perché la Rai non aveva firmato i con­tratti a Travaglio e Vauro (si mercanteggiava sul conqui­bus ), Michelone si mise al cen­tro del teleschermo e rivolto a Masi, rannicchiato in qual­che angolo dell’etere, escla­mò: «Vaffan...bicchiere». Era il classico vaffanc, ingentilito dall’aggancio a una preceden­te metafora in cui Santoro pa­ragonava Annozero a una fab­brica di bicchieri di successo. Un inedito aziendale perché mai si era visto un dipendente mandare in cu... urbi et orbi il capo senza nemmeno - non dico un licenziamento - ma un misero buffetto. Dunque, per tornare al pun­to, l’errore di Masi è stato toc­care gli intoccabili e perdere.

Doveva farsi furbo e, invece di sopprimere gli spazi della sini­­stra, aprirne altrettanti a de­stra. Quello che ha comincia­to a fare fuori tempo massimo con Giuliano Ferrara e tra bre­ve, pare, con Vittorio Sgarbi. Per lui, comunque, la storia è chiusa. Pareva attrezzato alla biso­gna. Ex parà della Folgore e burocrate rotto a varie fati­che, Mauro aveva debuttato come creatura di Lamberto Dini, prima in Bankitalia, poi al Tesoro, infine a Palazzo Chi­gi. Passò sotto l’ala del Cav nel quinquennio 2001-2006 co­me segretario generale della Presidenza del Consiglio. En­trò nella grazie di Gianni Letta che è stato il suo protettore per l’ingresso in Rai. A Viale Mazzini, Letta lo ha affidato al consigliere d’amministrazio­ne del Pdl, Antonio Verro. Gra­zie a loro Mauro ha retto in Rai due anni che sono un re­cord . Poi, però, a furia di errori anche gli sponsor si sono stan­cati di lui. Verro, che al Festi­val di Sanremo sedeva in pri­ma fila, non ha mai mandato giù l’intemerata antiberlusco­niana dei comici, Luca e Pao­lo, nella prima serata. Se l’è presa con Mauro che si era fat­to buggerare da Gianni Mo­randi.

Una sconfitta tra le tante. Masi aveva tentato di sposta­re il pd Paolo Ruffini da Raitre, che dirigeva da sette anni. Quello però si è appellato al giudice, ha vinto, ed è stato reintegrato. Altre volte, ci si è messa la iella. Un buon esem­pio, è l’intercettazione telefo­nica della procura di Trani in cui il Cav si lamenta di Santo­ro con Giancarlo Innocenzi di Agcom e gli chiede di provve­dere. Innocenzi allora - tutto registrato - telefona a Masi e gli dice che il Berlusca gli «ha fatto un c..lo così» e lo sprona a fare qualcosa contro il dete­stato arruffapopoli salernita­no. Mauro preso di sorpresa, se la prende con le intrusioni del Cav, e sbotta: «Non siamo nello Zimbabwe...». Immagi­natevi il Berlusca quando vie­ne a saperlo. Uno dei difetti che hanno perduto Mauro è la vanità.

So­prannominato il «bel Cecé», ha capelli e baffi impomatati, basette da toreador e gessato da padrino. Si ama da matti e pensa che sentirlo in tv sia un piacere collettivo. Così, è ap­parso in vari programmi. Tal­volta invitato, come da Vespa. Talvolta no. A Santoro è piom­bato telef­onicamente ad Ann­nozero nel febbraio scorso, di­cendo: «Mi debbo dissociare e si dissocia l’azienda dalla tra­smissione perché viola le rego­le ». Siccome però la puntata non era neanche cominciata e la critica era pregiudiziale, Michelone lo ha sfidato: «Se vi­ola le regole, la sospenda». Al che, capita la gaffe, Masi ha precisato mogio: «Potrebbe violarle...», e si è ritirato con la coda tra le gambe. Questo stesso protagoni­smo gli ha fatto fallire il colpo della vita: allontanare Santo­ro col suo assenso. Nel mag­gio del 2010, in gran segreto, i due avevano stabilito una li­quidazione di 2,7 milioni e una collaborazione di sette «docufiction» a un milione l’una, in cambio dell’uscita definitiva dell’arruffapopoli da Viale Mazzini. Ma, eufori­co per il successo, quel pollo di Masi cominciò a pavoneg­giarsi e a fare filtrare la notizia. Successe il finimondo.

I fan di Santoro cominciarono a dar­gli del bottegaio venduto, so­prannominandolo Sant’Eu­ro. I puri autoproclamati, si sa, sono prigionieri del mecca­nismo da loro innescato. Co­sì, per non perdere suo boffi­ce faccione, Michele mandò tutto all’aria e Masi se lo ritro­vò tra i piedi. Ora Mauro pensa - pare - a un commiato coi fiocchi: un’apparizione di addio in tv. Nelle segrete stanze gira infat­ti un copione della prima pun­tata del programma di Sgarbi in cui Masi compare più da protagonista che da ospite. L’uscita di scena del bel Ce­cè abbasserà moltissimo il via­vai femminile al settimo pia­no del Palazzo Rai. Il flusso di belle ragazze nel suo ufficio è stato tra i più alti nella storia dell’edificio. Masi ha contrat­to, moltiplicato, lo svampi­mento di diversi capi Rai, da Roberto Zaccaria, che tra quelle mura conobbe Monica Guerritore, a Flavio Cattaneo che ivi cosse d’amore per Sa­brina Ferilli.

Nel biennio, il Nostro ha avuto varie fidanza­te, tra cui Susanna Smith, don­na assai litigarella: una volta per strada intervenne una vo­lante per separarli; un’altra, Mauro si beccò una bottigliet­ta in faccia e fu operato alla re­tina.

A questa furia è subentra­ta la bionda Ingrid Muccitelli, volto Rai mediamente noto. È, si dice, una creatura dolcis­sima. Quanto di più adatto per affrontare l’inevitabile de­pressione in cui Mauro cadrà passando da una vita dorata alle polizze vita.

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