New York - Il segretario
generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha aperto i lavori della 64ª
Assemblea Generale invitando i suoi membri, fra cui l’americano
Barack Obama, l’iraniano Mahmoud Ahmadinejad e il libico Muammar
Gheddafi, a collaborare davanti alle sfide comuni come il clima,
il nucleare e la povertà. "Se c’è mai stato un buon momento per
agire con un rinnovato spirito multilaterale, è questo" ha
dichiarato Ban davanti a oltre 120 capi di Stato e di governo. Nell’elencare tutte le sfide che la comunità
internazionale ha di fronte, dalla recessione all’influenza A,
dall’energia alla sicurezza alimentare, Ban ha insistito: "Adesso è
il nostro momento, il momento di riportare l’unità alle Nazioni
Unite, unità nei propositi e unità nelle azioni".
Obama: "Un vero cambiamento è possibile" Gli Stati Uniti non possono risolvere
da soli i problemi del mondo. Lo ha detto il presidente Barack
Obama, parlando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella
sessione plenaria che segna l’inizio della sessantaquattresima
sessione, al Palazzo di Vetro di New York. La comunità
internazionale deve fare la sua parte, secondo il presidente
democratico: "È giunto il momento che tutti si prendano la loro
parte di responsabilità", ha continuato.
L’intervento di Obama segna una svolta profonda rispetto
all’approccio unilaterale del suo predecessore, il repubblicano
George W. Bush, che arrivò a mettere addirittura in discussione
il ruolo dell’Onu di fronte alla minaccia dell’Iraq di Saddam
Hussein. "Coloro che criticavano l’America perché agiva da sola
sul piano internazionale - continua Obama, con un tono
particolarmente diretto - non possono ora tirarsi indietro e
aspettarsi che sia l’America a risolvere da sola i problemi del
mondo". Se è vero che l’America di Obama è più che mai aperta
alla cooperazione internazionale, al cambio di passo deve seguire
un diverso atteggiamento del mondo nei confronti di Washington. "Proponiamo, nelle parole e nei fatti, una nuova era di impegno
comune", ma ora tocca a tutti gli altri seguire sulla stessa
strada.
Il presidente americano entra nel dettaglio. "Ci sono estremisti
che seminano terrore in alcuni angoli del mondo, ci sono guerre
che sembrano debbano continuare per sempre, continuano genocidi e
atrocità e sempre più Paesi vogliono arsenali nucleari, i
cambiamenti climatici minacchia i ghiacci artici e mettono in
scacco interi popoli, la povertà resta una realtà come il
pericolo di pandemie". Un lungo elenco, "che non serve a seminare
paure, ma piuttosto a ribadire dati di fatto: i nostri interventi
non bastano di fronte all’enormità delle sfide che dobbiamo
affrontare.
Prima dell’intervento, Obama ha incontrato il primo ministro
giapponese Yukio Hatoyama, subito dopo vedrà il presidente russo
Dmitry Medvedev, a pochi giorni dalla decisione del Pentagono di
cancellare il programma di difesa contro attacchi missilistici in
Europa.
"Democrazia non può essere imposta" "La democrazia non può essere
imposta dall’esterno. Ogni società deve trovare la sua strada e
nessuna strada è perfetta", ha detto Barack Obama all’Assemblea
Generale facendo mea culpa per scelte fatte in passato dagli
Stati Uniti che - ha osservato - sono stati "troppo spesso
selettivi nella loro promozione della democrazia".
Obama ha detto anche che "ci sono alcuni principi di base
che sono universali" e che l’America "non vacillerà mai negli
sforzi di far rispettare il diritto dei popoli in ogni angolo
del mondo di determinare il loro destino".
Gheddafi: "Non collaborerremo mai con carta Onu" Il leader libico, Muammar Gheddafi, nel suo intervento all’Onu ha respinto la Carta delle Nazioni Unite: "La respingiamo e non coopereremo mai con la Carta dell’Onu", che è stata creata dopo la Seconda Guerra Mondiale da solo tre Nazioni senza rispettare i diritti di altri Paesi. Gheddafi ha parlato a braccio tenendo in mano il libretto della Carta dell’Onu, sul podio appunti del discorso scritti a mano su un brogliaccio di carta gialla: "65 guerre di aggressione sono scoppiate dopo la nascita delle Nazioni Unite senza alcun intervento dell’Onu per impedirle". Il leader libico Muammar Gheddafi ha anche detto che nessuna nazione ha il diritto di interferire negli affari di altri paesi, neanche in caso di dittature, passando poi ad attaccare il diritto di veto dei paesi "potenti" definito "terroristico".
Ahmadinejad attacca Israele e le delegazioni se ne vanno Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha attaccato Israele all'Onu provocando una clamorosa protesta di numerose delegazioni occidentali: diplomatici di numerosi paesi - tra questi gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l'Italia e il Canada - hanno lasciato l'aula quando Ahmadinejad ha accusato lo Stato ebraico. Ahmadinejad ha detto che Israele si è reso responsabile di "politiche inumane contro i palestinesi". La delegazione israeliana aveva deciso di boicottare in partenza il discorso del leader iraniano, ma altri diplomatici hanno voluto manifestare in modo ancora più tangibile il loro dissenso contro la "odiosa e offensiva retorica antisemita" del leader di Teheran, nelle parole di una nota della delegazione americana. Ahmadinejad ha parlato così in un'aula semivuota che via via diventava sempre più vuota. E' stato prodigo di critiche a tutto campo all'Occidente, affermando che non è possibile che "una piccola minoranza" domini la politica, l'economia e la cultura mondiale, e ha difeso il controverso voto dello scorso giugno che lo ha riportato al potere: le elezioni in Iran sono state "gloriose e pienamente democratiche" e hanno aperto un nuovo capitolo per il suo Paese. Giacca scura, senza cravatta, Ahmadinejad aveva cominciato a parlare dopo le 19 ora di New York (l'1 di oggi in Italia), in grave ritardo rispetto al programma della prima giornata di lavoro dell'Assemblea Generale per via della lunga filippica del leader libico Muammar Gheddafi, che in inizio di mattinata aveva monopolizzato il podio dell'Onu per un'ora e mezzo al posto dei 15 minuti canonici. Anche il presidente iraniano ha parlato a ruota libera. Ha detto che forze straniere spargono "guerra, sangue, aggressione, terrore e intimidazione in Iraq e Afghanistan". Ma nel discorso all'Assemblea Generale, mentre era da poco terminata una riunione ministeriale del gruppo Cinque più Uno per le trattative sulle ambizioni atomiche del suo paese, Ahmadinejad non ha fatto menzione del dossier nucleare per cui Teheran è a rischio imminente di nuove sanzioni.
Netanyahu: "Non accetteremo ritorno ai confini del '67" Israele non accetterà il ritorno ai confini del 1967. È
il messaggio forte e chiaro lanciato dal premier dello Stato ebraico Benjamin
Netanyahu, in un’intervista rilasciata al quotidiano israeliano "Haaretz". Il
premier ha definito "positive" le affermazioni del presidente Usa Barack
Obama sul Medio Oriente. E però ha precisato: "le cose che ha detto
sull’occupazione non sono nuove. Le ha già dette al Cairo, e in effetti
questa è la formula adottata dalla Road Map e non dice che dobbiamo tornare
alle frontiere del 1967".
Questa, ha proseguito Netanyahu, "è la formula
adottata dai governi prima di quello da me ora guidato, e che non ha
concordato di tornare alle frontiere del 1967. E anche noi certamente non lo
accetteremmo. E anche in materia di insediamenti non dice niente di nuovo.
Queste divergenze non dovrebbero impedire l’avvio del processo che, se avrà
successo, deciderà sulla questione".
Quanto agli insediamenti, Netanyahu
all’emittente televisiva Usa Nbc ha ribadito la sua posizione. "Non possiamo
congelare la vita», perché «c’è un quarto di milione di persone che vivono in
queste comunità. Hanno bisogno di asili, di scuole, di ospedali. Vivono. Io
mi sono impegnato a non costruire nuovi insediamenti, mi sono impegnato a non
espropriare altri terreni per gli insediamenti esistenti. Ma la gente deve
vivere, e non si può congelare la vita".
La Cina frena sulle sanzioni all'Iran Mentre la Russia torna a mostrarsi possibilista sull’ipotesi di nuove sanzioni all’Iran per il suo programma nucleare (sanzioni che gli Usa giudicano "inevitabili"), è la Cina ad assumere una posizione diversa.
Alla vigilia del vertice Onu di oggi sulla non proliferazione nucleare, il portavoce del ministero degli esteri di Pechino Jiang Yu ha detto che "le sanzioni e una maggior pressione non sono il modo di risolvere il problema". In particoalare, la Cina sostiene che lo strumento delle sanzioni "non è utile nel contesto degli attuali sforzi diplomatici per risolvere la qustione nucleare iraniana".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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