Open d’Italia a Vancsik: il calciatore cestista ora va in buca

Gabriele Villa

Aveva provato, da ragazzo, a fare anche qualche tiro in porta («chi è che non gioca a pallone in Argentina?»), poi ha preso seriamente il basket. Poi, dodici anni fa, ha deciso di prendere ancora più seriamente il golf. E ha fatto bene.
Perché trovarsi in tasca un assegno di 216mila e 660 euro fa sempre comodo, specie di questi tempi. Così, nel gioioso quadretto che regala ai fotografi sul green della diciotto, mentre il suo caddie fa volare in cielo cappellino guanti e palline, per la felicità dei piccoli fan, Daniel Vancsik viene incoronato ufficialmente re dell'Open nella più sabauda delle dimore, il Royal Park di Torino. Praticamente sempre e solo lui. Un uomo solo al comando, (68-65-69-65 per uno score totale di 267 colpi) fin dalle prime battute del torneo, questo trentaduenne argentino di Posadas, ma il cui cognome rivela origini ungaro-tedesche, che ieri ha concluso la sua prova come se sfilasse sulla passerella. Un giro trionfale in cui ha inanellato otto birdies, gli ha permesso di fare il vuoto pneumatico dietro di sé e di neutralizzare anche il più timido, disperato tentativo di allungo, abbozzato dall'inglese Rock (273), dal francese Jacquelin (273) e dal sudafricano Aiken (274) che hanno movimentato un po' la conclusiva giornata di gara.
E gli italiani? Sono andati benino. Il terzetto composto da Francesco ed Edoardo Molinari con l'altro beniamino di casa, Marco Soffietti, che era poi il terzetto su cui si poteva puntare alla vigilia, non ha sostanzialmente tradito le attese. Francesco Molinari ha concluso al sesto posto (68-69-73-65 per un totale di 275). Un giro fantastico il suo, ieri. Certo, se non avesse deragliato nella penultima giornata per colpa di un soprassalto di nervosismo che gli è costato troppi colpi, chissà. Il fratello Edoardo ha chiuso invece al diciassettesimo con 278 (70-69-69-79) in compagnia di Marco Soffietti (72-69-67-70). Il premio popolarità e simpatia lo merita senza dubbio alcuno, grazie al suo irriverente folklore con cui, puntualmente, si presenta anche sui più paludati percorsi di golf, «Big» John Daly.
Unico, fra le star convocate per l'Open d'Italia, a fare il proprio dovere fino in fondo. Ha chiuso anch'egli con uno score di 273 conquistando un meritatissimo secondo posto, sia pure condiviso con gli altri due atleti di cui sopra.

Ci prendiamo la libertà di considerare Daly, che anche ieri ha sfoggiato un paio di pantaloni di un motivo floreale che avrebbe fatto impallidire anche il più trasgressivo degli hawaiani, il vincitore morale. I 24mila spettatori che hanno assistito complessivamente alle quattro giornate di gara lo avrebbero volentieri portato in trionfo. Se solo fossero riusciti ad alzarlo.

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