Gerusalemme - "In cerca dei proprietari". E' il titolo di una grande esposizione di opere d’ arte razziate in Francia dai nazisti che si è aperta al Museo di Israele, a Gerusalemme, al fianco di un’altra di ’opere orfanè, cioè di opere pure razziate, in custodia del museo ma delle quali "non si ha assolutamente traccia di dove provengano". È una pagina del periodo nazista ancora relativamente poco nota al grande pubblico quella delle opere d’arte delle quali il terzo Reich si era appropriato senza riguardo ai mezzi.
Nel caso della prima esposizione, spiega James Snyder, direttore del museo, si tratta di opere che "contrariamente a quanto si è soliti a credere non appartenevano solo a famiglie ebree: in realtà le opere d’arte in Europa e in particolare in Francia, furono prese da ogni settore della società". Furono circa centomila gli oggetti d’arte presi dai nazisti in Francia, in modi diversi, e portati in Germania. Si tratta di oggetti frutto di razzie, presi con la forza o ottenuti per mezzo di vendite forzate a prezzi irrisori o scambiati con altre opere considerate ’arte degeneratà (come i pittori impressionisti) e acquistate da mercanti d’arte senza scrupoli. Sessantamila oggetti furono rimpatriati in Francia alla fine della guerra e 45 mila rapidamente restituiti ai proprietari. Altre 13mila opere di minor valore sono state vendute e i fondi ricevuti versati alla Fondazione per il ricordo della Shoah. Solo duemila oggetti non sono ancora tornati ai legittimi proprietari poichè non è stato possibile risalire a loro con certezza. Sono opere custodite nei musei francesi mentre una commissione governativa istituita nel 1997 dall’ allora premier Alain Juppè, continua la ricerca dei proprietari.
L’esposizione al Museo di Israele, che comprende 53 opere, è parte di questo sforzo. Tra i quadri esposti, alcuni Degas, Delacroix, Ingres, Manet, Courbet, Serat, il dadaista Max Ernst. "Saremo felici se questa esposizione permetterà ad alcune delle opere di ritrovare i loro proprietari", ha detto il ministro della cultura francese Christine Albanel che ha aperto la mostra. "Si è soliti dire - afferma Snyder - che solo grandi capolavori furono rubati. Ma non fu così: gran parte di ciò che fu asportato sono opere che, agli occhi dell’odierno mercato delle arti, hanno scarso valore». Ma possono avere grande valore affettivo per i legittimi proprietari e per i loro eredi. Il Museo d'Israele, dal canto suo, ha in custodia sin dai primi anni cinquanta, circa 1200 oggetti di judaica, dipinti e altre opere che non sono state restituite ai proprietari, che sono sconosciuti, alla fine della guerra. In questo senso si tratta di opere "orfane".
Shulamit Steinberg, curatrice del museo per l’arte europea, afferma che alcuni dei maggiori gerarchi nazisti, come Joachim Von Ribbentrop e Herman Goering, avevano riempito le loro case con opere razziate e che "Hitler voleva che tutte le opere che avevano lasciato la Germania a partire dal 1.500 tornassero a casa, non importa se comprate o rubate".
In diversi casi, afferma, ci sono opere che sono state restituite da "vecchi soldati tedeschi che in punto di morte hanno detto: ho peccato e voglio confessarmi prima di raggiungere il Creatore". Si tratta di opere di cui non si è riusciti a ricostruire la storia magrado gli sforzi fatti.