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Ora De Magistris vuol processare pure il Papa

L'europarlamentare dell'Idv attacca Benedetto XVI: "Dovrebbe testimoniare in aula e raccontare ciò che sa sui casi di pedofilia". E con arroganza l'ex pm confonde l'ignaro Ratzinger con un dittatore. Ma è solo l'ultimo atto del delirio giustizialista

Ora De Magistris vuol processare pure il Papa

Che ci saremmo arrivati mi era stato evidente l’altro ieri vedendo la prima pagina della Repubblica, colla fotografia in mezzo controluce, e due silhouette di preti parlottanti dietro di lui, arcigno e preoccupato (non solenne non autorevole) sotto il titolo: «Caso di pedofilia a Monaco con Ratzinger vescovo». L’occhiello tentava un’attenuante: «Denuncia shock. Il Vaticano: il Papa è estraneo». Per il Vaticano, perché invece per il laico monsignore eletto al Parlamento europeo, in virtù del suo fallimento come magistrato (i processi nei quali il collegio giudicante sempre lo ha sconfessato indicandone l’infondatezza delle accuse) Luigi De Magistris: «Ratzinger dovrebbe rendere testimonianza ai giudici tedeschi di quanto sa sui casi di pedofilia. Quando i fatti avvengono all’interno delle mura vaticane non è semplice far luce sulla verità. Non è la prima volta che su queste vicende viene tirato in ballo lo stesso Papa e nessuno è al di sopra della legge».

L’insostenibile arroganza e la totale mancanza di senso dello Stato (anche di un altro Stato com’è il Vaticano) fa dire a personaggi che non sono stati puniti per le loro responsabilità una serie di insensatezze che hanno come obiettivo mettere sotto processo le istituzioni. Dalla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, alla Santa Sede. La stupidità della posizione di De Magistris non è soltanto per lo spirito dissacratorio che la ispira (perfettamente logico in Dario Fo) ma per l’assoluta inutilità della richiesta il cui carattere è soltanto spettacolare e propagandistico. Essendo il Papa il capo di uno Stato, chiedergli di testimoniare significa immaginare che egli sia a conoscenza di qualcosa che è stato fatto non per suo ordine ma alle sue spalle.

La richiesta di De Magistris trova il suo precedente nei processi internazionali inaugurati qualche anno fa (dopo il tribunale di Norimberga) dal magistrato Baltasar Garzon che dalla Spagna incriminò Pinochet. Il giudice spagnolo puntava a riconoscere una responsabilità oggettiva di Pinochet nelle torture, negli arresti, nelle sparizioni per una volontà espressa, dichiarata, per volontà in questo senso, s’intende scelta, decisione non mera conoscenza dei fatti. E cos’altro se non questo potrebbe essere responsabilità del Papa? In questo caso avrebbe dovuto perdonare o denunciare? Sopraffatto da questi interrogativi De Magistris confonde Ratzinger, vescovo a Monaco con Pinochet o Fidel Castro, capi di Stato che hanno premeditato repressioni contro i dissidenti. Ma cosa poteva programmare Ratzinger con i pedofili? Per De Magistris, immagino, un’associazione a delinquere. Perché, se non si tratta di questo, che senso ha interrogarlo? Per sapere che sapeva. O per chiedergli se sapeva? In ogni caso, se non lo si immagina coinvolto perché il Papa dovrebbe rispondere di ciò che avveniva non per sua volontà? Immaginiamo un delitto al Quirinale, o la scoperta che due corazzieri sono amanti.

E perfino che una dipendente pratica l’incesto. Cosa c’entra Napolitano? O dev’essere interrogato come Vanacore? Prima di queste teorie di De Magistris non si riteneva in giurisprudenza che la responsabilità penale fosse individuale? Qualcuno ha ritenuto di interrogare il ministro Maroni o il ministro La Russa perché alcuni carabinieri infedeli hanno ricattato Marrazzo? Se nella diocesi di Monaco di Baviera c’era un prete pedofilo, che cosa deve riferire Ratzinger, ammesso che lo sapesse? Che ha chiesto al prete di smettere, o ha preferito credere che non fosse vero? Ma il Vaticano di De Magistris è luogo di trame e di complotti e «se il Papa viene tirato in ballo», va ribadito che «nessuno è al di sopra della legge». Ma neanche la legge dev’essere al di sopra del buon senso e del rispetto delle istituzioni.

Così mentre De Magistris invoca l’interrogatorio del Papa il suo collega Di Pietro in piazza del Popolo dichiara con solennità: «Noi c’eravamo a manifestare contro il piduista Berlusconi, un corruttore matricolato anche quando gli altri ci davano degli eversivi». Oggi infatti, come sa bene soltanto Di Pietro, Berlusconi è stato condannato per corruzione e la P2 è stata riconosciuta un’associazione eversiva. Non c’è naturalmente da stupirsi se le due affermazioni di Di Pietro altro non sono che diffamatorie, ravvisando l’unico vero reato che è quello per il quale io sono stato processato per avere dato del piduista a un piduista, anch’io in qualche modo fingendo di ignorare che la mia affermazione era suggestiva, nella presunzione che la P2 fosse quell’associazione a delinquere che una sentenza definitiva del tribunale, molto ben argomentata, ha dimostrato non essere.

Di Pietro lo sa meglio di me. Come sa, che senza aver commesso alcun reato furono «piduisti» persone rispettabilissime come i giornalisti Roberto Cioni e Alberto Sensini, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, lo storico Roberto Gervaso, il comico Alighiero Noschese e che nessuno di loro, come Berlusconi fu mai incriminato per avere fatto parte di un’associazione di cui molto si è chiacchierato. Cosa intende dire con «piduista» Di Pietro? Quello che i tribunali hanno stabilito, cioè niente, o la diffamazione giornalistica che ha inventato un’associazione a delinquere che non c’era? Così va il mondo e così i diffamatori continuano a fare i diffamatori grazie all’immunità parlamentare, che a parole combattono, come hanno fatto i diffamatori con atti giudiziari dove l’ipotesi di reato diventava responsabilità conclamata attraverso avvisi di garanzia che non garantivano né la verità né la dignità delle persone ma assumevano il ruolo del venticello rossiniano, con la copertura di un pronunciamento non di parte ma «in nome del popolo italiano».

Lo hanno fatto da magistrati continuano a farlo da deputati o da capipopolo. Hanno fatto male i conti.

Arrivando al Papa, hanno offerto all’odiato Berlusconi un’insperata protezione: quella del Cielo: Dio, perdona loro perché non sanno quello che fanno (e neanche quello che dicono).

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