Ora il grande cinema consacra la letteratura di Lewis e Tolkien

La fortuna del «Signore degli Anelli» ha sbloccato la produzione dell’altro professore del circolo Inklings, raccontato nel film «Viaggio in Inghilterra»

Ora il grande cinema consacra la letteratura di Lewis e Tolkien

Maurizio Cabona

«Mio figlio Douglas adora le sue Cronache di Narnia», esordiva Joy Gresham con C.S. Lewis in Viaggio in Inghilterra di Richard Attenborough (1993). Ora le Cronache - a cominciare dalla seconda, Il leone, la strega e l'armadio - tornano in libreria alla spicciolata, in edizione per bambini e in edizione per ragazzi, ma anche tutte insieme (Mondadori) per effetto del film Narnia - Il leone, la strega e l'armadio di Andrew Adamson.
L'interpretazione di Joy Gresham valse a Debra Winger la candidatura all'Oscar; quella di Anthony Hopkins passò, come il bel film del resto, quasi inosservata in Italia, dove C.S. Lewis era patrimonio di pochi. Ora il film di Adamson renderà le Cronache fenomeno di massa, in Italia come da tempo sono nell'area anglosassone (in mezzo secolo avrebbero venduto oltre ottanta milioni di copie). Sta dunque per ripetersi qui quel che è accaduto dopo i tre film tratti dal Signore degli Anelli di John Ronald Reuel Tolkien, stretto amico di Lewis e suo collega al Magdalen College di Oxford. In Viaggio in Inghilterra, non a caso Tolkien era raffigurato in uno dei personaggi che, al pub, discutevano di letteratura con Lewis e altri, che poi erano - eminentemente - il fratello Warren, lo scrittore Charles Williams e il filosofo Owen Barfield: il gruppo degli Inklings, insomma, formato da accademici maschi, conservatori, talora cattolici: l'analogo/opposto del londinese circolo di Bloomsbury.
La fama accademica di Lewis era diventata internazionale insieme a quella letteraria e lunga era stata la corrispondenza con don (oggi san) Giovanni Calabria, riunita in Una gioia insolita. Lettera tra un prete cattolico e un laico anglicano (Jaca Book, 1995). Però solo nel 1969, sei anni dopo la sua morte, apparve in Italia il suo saggio più famoso, L'allegoria d'amore (Einaudi). Idem per Tolkien: come Lewis, in Italia era conosciuto prima per la letteratura, Lo Hobbit (Ubaldini, 1968) e Il Signore degli Anelli (Rusconi, 1972); dopo per il resto dell'opera. Il primo film tratto dal Signore degli Anelli, quello a cartoni animati di Ralph Bakshi (1978), fu un fiasco, così lasciò le cose come stavano. Ma dal 2002 Tolkien è stato coinvolto e sostanzialmente travolto dal successo dei film di Peter Jackson, neozelandese come Adamson. Dunque oggi molti sanno che esiste un certo Gollum. A sapere che esisteva un certo Tolkien sono però ancora abbastanza pochi.
Si profilano tutti gli elementi perché lo stesso accada per la memoria di Lewis, dopo l'uscita del film dalle Cronache di Narnia. Già ora pochi badano all'origine di quel nome e l'associano all'odierna Narni.

Lewis era diventato ateo da bambino, dopo la morte della madre, ma - come Tolkien - prediligeva le religioni nordiche; a differenza di Tolkien, però, era incantato dalla lingua latina. Il suo suono gli pareva magico e gli avrebbe ispirato tutte le sue altre magie. Ma bisogna saperlo... Ma in Italia c'è già chi pronuncia Narnia «Nérneia».

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