Contrordine, tongzhi. Da «compagni» si torna a essere «signori».
La Cina comunista che a grandi balzi in avanti si avvicina sempre di più all’Occidente liberale sta per abolire una delle parole d’ordine del suo ultimo mezzo secolo e oltre di storia: tongzhi, «compagno». Creatura mitologicamente e zoologicamente solitaria, il dragone cinese divora le ultime briciole semantiche legate ai concetti di comunità, uguaglianza e condivisione dei valori, e inizia a sputare concetti borghesi. Primo pericoloso passo verso la triade ideologica occidentale «capitalismo», «consumismo» e «materialismo». La caduta di una muraglia lessicale.
Addio, compagno. Come riferisce il China Youth Daily di Pechino, la Beijing Public Transportation Holding, ossia la compagnia pubblica che gestisce i trasporti della capitale, ha invitato i suoi dipendenti ad abbandonare l’appellativo «compagno» - parola che in cinese è composta dalle sillabe tong, «uguale», e zhi, «ideale», a indicare una persona che lotta per una causa comune, in particolare i membri dello stesso partito politico - e a rivolgersi ai propri clienti chiamandoli «signore» o «signora». Unica eccezione alla nuova norma sono i giovani che, secondo la circolare, possono essere chiamati «studente» o «studentessa». Nella stesso comunicato ufficiale della compagnia di trasporti, che essendo la Cina Paese eminentemente ferroviario acquista una sorta di valore nazionale, il termine tongzhi è indicato ormai solo come esempio negativo, da non usare in alcun caso. Impostosi nel Paese dopo la rivoluzione comunista del 1949, l’appellativo “compagno” - recita laconicamente e perentoriamente il documento - «non è più indicato per rivolgersi al pubblico». Da parola sacra a parolaccia.
E così la Repubblica popolare cinese, un miliardo e 330 milioni di tongzhi - circa il 20% della popolazione mondiale e il 99% del comunismo residuo sul pianeta - cancella dall’uso comune un simbolo della storia del Partito comunista. Negli anni Cinquanta tongzhi era un termine che aveva in sé qualcosa di sacro. Poiché la società coincideva in tutto e per tutto con la politica, l’espressione «compagno» era usata senza distinzioni di classi sociali, di età, di sesso o di professione, finendo - socialisticamente - per esprimere l’idea di «essere uno dei nostri». Scomparsi dal vocabolario comune parole usate nella “vecchia” Cina come «signore», «signora», «padrone», «direttore» o «commesso», tutti erano compagni e tutti si chiamavano compagno, dai quadri di partito agli spazzini. E persino tra parenti ci si rivolgeva come tongzhi. Chiamare «vecchio compagno» le persone anziane, «piccolo compagno» i giovani e persino dare del «compagno» a persone sconosciute, era non soltanto un’espressione cordiale ed educata, ma anche politicamente corretta. Una parola meravigliosa che illuminava come il sol dell’avvenire l’immenso Paese governato dal Partito (unico) comunista cinese. Poi, a partire dalla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria lanciata proprio dal compagno Mao Zedong, l’uso di tongzhi comincia lentamente a cambiare. Non è più l’appellativo «unico» - si diffondono sempre più laoshi, «maestro» o daifu, «dottore» oppure xiansheng, «signore» - pur rimanendo il più diffuso, soprattutto tra i responsabili di partito, gli uffici pubblici e i quadri dell’esercito. Infine, a partire dagli anni Ottanta-Novanta, il lento tramonto lessicale e ideologico di un appellativo, e di un mondo, che oggi con l’annuncio della Beijing Public Transportation Holding sembra spegnersi definitivamente. Ma che forse era già in fase terminale, se vero che i documenti ufficiali non fanno che recepire, con i tempi necessari alla burocrazia, ciò che l’uso comune ha già sdoganato da un pezzo.
Del resto, in un primo momento fra i cinesi di Hong Kong e Taiwan, e poi all’interno della stessa Repubblica popolare cinese, il termine tongzhi si è colorato negli ultimi anni di un nuovo significato, del tutto diverso rispetto alla sua gloriosa storia. Finendo per indicare, in maniera colloquiale, gli omosessuali, più aulicamente tongxinglian. In qualche modo, «compagni che sbagliano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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