Milano - Novità da Google. Presto, infatti, attraverso il motore di ricerca sarà possibile verificare inflazione e andamento dei prezzi con un indice basato sul costo dei prodotti venduti online. Si chiamerà "Google price index" (Gpi), richiamando volutamente quello il "Consumer price index" (Cpi), il termine inglese per "indice dei prezzi al consumo". E ha alcuni vantaggi chiave rispetto alle valutazioni tradizionali: velocità e bassi costi sulla raccolta dei dati.
I primi dati La decisione definitiva se pubblicare o meno questo indicatore non è stata ancora presa, ma intanto l’idea finisce in prima pagina sul Financial Times. Così come le indicazioni che secondo il capo economista di Google, Hal Varian, sono già emerse da questo nuovo indice, anche se i pochi dati anticipati sono limitati ai mercati di Usa e Gran Bretagna. Interessanti quelli sull'economia statunitense. Da mesi ci si interroga sui rischi che gli Stati Uniti subiscano una deflazione, ovvero un protratto abbassamento dei prezzi su base annua. Se apparentemente questo fenomeno è positivo per le tasche dei consumatori, in realtà mina il fatturato di tutte le imprese, e in questo modo le loro capacità di investire e creare occupazione. La debolezza del mercato del lavoro, poi, rende le famiglie più prudenti nei consumi, innescando altre spinte al ribasso sui prezzi. Quando la deflazione si crea può diventare un circolo vizioso da cui è difficile uscire. La sa bene il Giappone che ne ha sofferto per anni, ed è tornato a subirla dopo la crisi globale.
La situazione in Usa e in Gb Ebbene, negli Usa gli ultimi dati sull’inflazione davano una crescita dei prezzi su base annua dello 0,9 per cento ad agosto. Un valore non elevato ma che comunque non negativo. L’indice Gpi, invece, mostra "una chiara tendenza deflazionistica", afferma Varian. Non così in Gran Bretagna, dove questa tendenza al ribasso è meno marcata. Sempre secondo l’economista, il Gpi ha una buona correlazione con le dinamiche rilevate dai dati tradizionali sull’inflazione guardando ad alcuni settori specifici: come le videocamere digitali, o gli orologi che spesso vengono acquistati via internet.
Il Gpi non è un'alternativa al Cpi Google mette le mani avanti: non si tratta di una alternativa vera e propria ai dati sull’inflazione, ma di qualcosa in più. Gli istituti di statistica, insomma, stiano tranquilli: il monitoraggio è ovviamente limitato a quei beni ampiamente commerciati in rete, ma diverse voci presenti negli indici ufficiali di inflazione sono quasi o del tutto escluse dalle vendite online.
Però se l’elaborazione dell’inflazione tradizionale richiede un lungo lavorio, e addetti ad hoc da mandare in giro nei negozi a effettuare rilevazioni, la Googlinflazione è molto più rapida nella raccolta dati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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