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Ora Tremonti ammette: "Il decreto? Un errore farlo in quattro giorni"

Mea culpa del ministro sul contributo di solidarietà e sulle festività: "Ma non è un provvedimento sbilanciato sulle tasse"

Ora Tremonti ammette: 
"Il decreto? Un errore 
farlo in quattro giorni"

nostro inviato a Cernobbio

La fretta è cattiva consigliera e varare in poco tempo una manovra da 45 miliardi come quella di agosto implica un’alta probabilità di commettere sbagli. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha ammesso che non tutto è girato per il verso giusto. «Nel fare le cose in quattro giorni puoi fare degli errori», ha ammesso con un inconsueto tono autocritico dinanzi alla platea del Workshop Ambrosetti.
In particolare, il titolare del Tesoro si è soffermato su due «svarioni» imprevisti. Il primo riguarda l’accorpamento delle festività laiche del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno che un emendamento ha di recente salvato dalla scure. «Pensavamo - ha spiegato - che fosse importante scrivere una norma sull’accorpamento e che poi ci fosse spazio per il decreto che definisce le date. Però, è un errore: ammetto è un errore».

Il secondo mea culpa ha riguardato la retromarcia sul contributo di solidarietà. «Certo l’ho firmato ma devo accettare anche ragioni diverse che ci hanno portato a sostituirlo» con il contrasto dell’evasione fiscale. Un cambiamento che lascerà i saldi invariati perché il contributo «cifrava 700 milioni nel 2012 e 1,6 miliardi nel 2013» e, considerati i 25 miliardi di recupero di evasione negli ultimi tre anni, «non mi sembrano cifre ingestibili o proibitive». Le stime sono realistiche considerato che in Italia «solo 3.641 persone dichiarano più di 500mila euro e 796 più di un milione».

Tremonti, ovviamente, non ha vestito i panni del flagellante troppo a lungo. Una delle prime preoccupazioni è stata quella di rintuzzare le critiche mossegli in prima persona dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che lo ha accusato di aver varato un provvedimento «sbilanciato sul versante delle tasse». La replica del numero uno di Via XX Settembre è giunta a stretto giro di posta. «Mi permetto di avere una visione diversa: ci sono 14 miliardi di tagli (6 ai ministeri, 4 agli enti locali e 4 al welfare) e 6 miliardi di tasse».
Spiegazioni che non hanno convinto il leader degli imprenditori che a Cernobbio ha portato un pacchetto di richieste elaborate dal direttivo di Viale dell’Astronomia centrato su pensioni, dismissioni, privatizzazioni, spesa dei fondi europei e riduzione della pressione fiscale su lavoratori e imprese in cambio di qualche sacrificio dei più facoltosi.

«Il governo non ha colto la gravità della situazione», ha ripetuto come un mantra Marcegaglia che tuttavia non ha aderito alla lobby del governo tecnico, che sulle rive del Lario ha tenuto quasi una convention. Tremonti si è mostrato disponibile a cedere «terreni e foreste», ma il contesto macroeconomico non consente null’altro. Sul capitolo pensioni solo una vaga apertura.
Ma non era forse il momento giusto per parlarne. Il ministro dell’Economia, infatti, ha voluto mettere in evidenza altre particolarità dell’attuale fase critica.

In primo luogo «quanto sta accadendo è una Versailles al contrario» ha detto riferendosi al fatto che gli intenti punitivi dell’Occidente verso la Germania dopo la Grande Guerra sono analoghi a quelli attuali dei tedeschi verso il resto dell’Unione. Ecco perché «non ci sono alternative agli eurobond»: le emissioni comunitarie per la realizzazione di infrastrutture. «sponsorizzate» dal ministro, «sono il destino dell’Europa». Un’Europa dove oggi ognuno va un po’ per conto suo.

Non è mancato un riferimento sarcastico nei confronti dell’opposizione che aveva sostanzialmente approvato la manovra di luglio salvo poi criticarne la nuova formulazione. «Non credo alle profezie retroattive né ho mai mostrato eccessi di ottimismo: nel 2008 parlavo di crisi come di un mostro dei videogame che ritorna più forte quando si avanza di livello».

Certo, il colpo non è stato affondato perché il ministro è consapevole che non si può tirare troppo la corda, ma l’invito a non trasformare la discussione in un’anarchica prova d’orchestra felliniana è stato inviato ugualmente. «Nessuno ha la bacchetta magica e un po’ in tanti hanno la mania di bacchettare troppo. Se si usassero le bacchette giuste con l’armonia giusta, sarebbe nell’interesse del nostro Paese», ha concluso. Tremonti ha provato a rasserenare gli animi, ma dopo tre giorni di pessimismo era impensabile sperare in un successo.

«Se uno è rassicurato, significa che non è lucido», ha chiosato il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera.

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