Ora la truffa è solidale: onlus dà permessi falsi per aiutare gli stranieri

L’associazione "Pinoy club" di via Marcona doveva fornire assistenza agli extracomuniatri giunti in Italia. In realtà vendeva i documenti per metterli in regola, facendosi pagare tra i 1.500 e i 7mila euro. Sei arrestati

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Ha un’attività di facciata parallela e del tutto legale, seppure di modeste proporzioni, l’associazione benefica d’aiuto e sostegno per extracomunitari in Italia senza lavoro «Pinoy Club» di via Marcona. Una sorta di copertina lucida e senza macchie che celava alla perfezione una mega industria di falsi permessi di soggiorno e documenti contraffatti destinata a tutto il nord Italia e all’estero e gestita da una cricca di delinquenti tra la Lombardia e il Piemonte. Che, approfittando della recente sanatoria per colf e badanti - nonché del regime tributario di favore tipico delle onlus - dal 2009 hanno intascato grosse somme di denaro per realizzare e vendere certificati senza valore, avviare pratiche false e destinate a essere rigettate. Illudendo così a caro prezzo tutti gli stranieri che chiedevano una mano per regolarizzare la loro posizione in Italia: un «sogno» costato dai 1.500 ai 7.000 euro a persona.
Sei persone (una delle quali si trovava già in carcere) sono state così arrestate con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata a favorire l’ingresso e il soggiorno illegale sul territorio italiano di cittadini stranieri a scopo di lucro, falso e ricettazione dagli investigatori del commissariato Scalo Romana a Milano dove il Pinoy Club ha la sede più importante. Ieri mattina a finire a San Vittore è stato innanzitutto il presidente dell’ente, Giuliano Adriani, 51 anni, conosciuto in città per i suoi trascorsi politici: dal ’99 al 2001 è stato infatti presidente del consiglio di zona 8 per Alleanza nazionale. Ma erano gli stranieri, non la militanza politica, la sua vera passione: al «festival latino americando» di Assago, tramite il Pinoy club, aveva persino aperto uno «sportello per l’immigrazione» che richiamava astutamente lo «sportello unico dell’immigrazione» della prefettura, dandogli così una parvenza di legalità.
Sempre ieri è toccata alla sua segretaria, una libanese di 32 anni posta agli arresti domiciliari e a due egiziani di 32 e 34 anni, entrambi di Milano e considerati le vere menti dell’organizzazione (il primo era già in carcere, ndr). Sempre nella mattinata di ieri, quindi, è toccata a Massimiliano De Angelis, un ragioniere 41enne residente in provincia di Vercelli, al cremonese Giuseppe Gambardella, un pregiudicato di 44 anni e ai biellesi Luciano Maccapani e Massimo Lemoni, rispettivamente di 61 e 48 anni. In particolare nel computer di De Angelis, ritenuto il contabile dell’attività illecita, sono stati ritrovati centinaia di Cud realizzati con grande abilità ma completamente falsi.
Le richieste di regolarizzazione al Pinoy Club (per il momento sono un’ottantina le posizioni irregolari individuate tra le cento accertate) arrivavano anche dalla Francia o dai paesi d’origine degli extracomunitari che inviavano i loro documenti in attesa di essere chiamati quando la loro pratica fosse stata pronta. Così l’organizzazione individuava tossici, senzatetto e pregiudicati da spacciare come datori di lavoro e ottenere così la cosiddetta sanatoria per i propri iscritti, costretti a iscriversi alla onlus con una quota di 100 euro ai quali si sommavano via via altre grosse cifre per ciascuna fase della procedura.
La polizia però ha spiegato che i documenti venivano consegnati nel 70-80 per cento dei casi, non sempre. L’indagine del commissariato, infatti, è partita lo scorso marzo in seguito a una rissa tra egiziani scoppiata sul pianerottolo di un appartamento di piazza Bonomelli. Gli investigatori hanno accertato che all’origine della violenta lite c’era proprio la mancata consegna di alcuni permessi di soggiorno promessi a un gruppo di stranieri che avevano già lautamente pagato i malviventi.

Gli stranieri coinvolti nella rissa avevano così indicato l’appartamento come una delle basi operative della banda. E quella stessa sera, durante la perquisizione dell’abitazione, la polizia ha trovato un sacco con decine di documenti per la sanatoria contraffatti.

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