Spettacoli

Oriana Fallaci "scorretta". Una vita in prima linea

Nella bella biografia a fumetti, il lato scontroso ma visionario della giornalista morta nel 2006

Oriana Fallaci "scorretta". Una vita in prima linea

Oriana. Una donna libera (Rizzoli, pagg. 324, euro 29; in libreria da domani) di Giuseppe Galeani e Paola Cannatella è un'ottima occasione per ripercorrere la biografia della grande giornalista e scrittrice fiorentina. È una graphic novel piacevolmente rigorosa, che si fa preferire a quasi tutti i saggi sulla Fallaci. Doppio il merito degli autori: fanno un passo indietro e lasciano la parola alla scrittrice, riproducendo anche alcuni articoli famosi e meno famosi; sono prodighi nell'illustrare anche episodi meno noti ma cruciali come l'amore giovanile per Alfredo Pieroni o le drammatiche interruzioni di gravidanza. Naturalmente, non manca tutto quello che il lettore si aspetta. Il carattere scontroso, il fumo delle sigarette, i reportage di guerra, le interviste con la Storia, Alekos Panagulis, le Torri gemelle, La Rabbia e l'Orgoglio, le straordinarie polemiche degli ultimi anni, la battaglia in solitudine contro il politicamente corretto.

Ripercorrere la vita eccezionale consegna subito una certezza al lettore: la Fallaci resterà per sempre, non solo per le preziose testimonianze storiche come le interviste a Khomeini o Gheddafi, ma anche per la qualità della scrittura, roba che i celebrati romanzieri attualmente in classifica non sanno nemmeno dove stia di casa. Era una qualità conquistata a fatica. Mentre il cancro la divorava, nonostante fosse stremata, la Fallaci si applicava ai suoi scritti con autentica ferocia. Correggeva, ricorreggeva, rifaceva, puliva, aggiungeva, toglieva e alla fine, dopo aver fatto impazzire il redattore di turno, leggeva ad alta voce. Il momento faceva tremare i polsi ai collaboratori. Infatti, se il risultato non era gradito, e suonava male, la Signora rifaceva da capo, e non c'erano scadenze che tenessero. Tanta acribia non era dovuta a orgoglio, se non in parte. Era soprattutto una forma di rispetto per il lettore. Che lezione, nell'epoca della sciatteria, con la maggioranza di romanzi ripugnanti fin dalla prima pagina, piena di ripetizioni e cacofonie. Purtroppo, la sciatteria degli scrittori è anche la sciatteria dei critici, incapaci di riconoscere, anche per motivi ideologici, nella Rabbia e l'Orgoglio, la prosa cristallina che ha precedenti solo nella tradizione toscana, da Malaparte ai vociani Prezzolini e Papini. Qualcuno potrebbe notare che proprio nella Rabbia e l'Orgoglio ci sono alcune semplificazioni e una visione riduttiva della cultura islamica. Vero. Tuttavia giudicare quel testo con questi criteri è un grave errore di prospettiva. Siamo nell'ambito della predica, e la predica serve a commuovere gli animi e spingerli alla riflessione se non all'azione. Da questo punto di vista, è un testo perfetto, a prescindere dai contenuti.

Una predica presuppone un pubblico: a chi si rivolgeva la Fallaci? Non certo ai musulmani. Si rivolgeva agli italiani senza l'orgoglio delle proprie radici e la rabbia necessaria per difenderle. La Signora pagò a caro prezzo la sua schiettezza: fu accusata di razzismo. Si trovò in buona compagnia, nello stesso periodo anche Michel Houellebecq subì lo stesso trattamento per aver criticato sarcasticamente l'islam nel romanzo Piattaforma (La Nave di Teseo).

All'epoca, nel 2001, il politicamente corretto era già una realtà aggressiva dal punto di vista culturale ma si può dire che, almeno in Italia, fosse quasi una novità. Si scherzava sul fatto che i nani fossero diversamente alti e amenità di questo tipo. La Fallaci però aveva capito che si andava a parare verso la limitazione della libertà d'espressione e verso un tipo di relativismo che minava alla base qualunque tipo di comunità. In quanto all'islam, la Fallaci ne vedeva il potenziale liberticida. C'è da rimarcare che tale aspetto, per lei, non costituiva una novità. L'aveva già scritto da giovane quando si trovò di fronte a un matrimonio concordato in Pakistan. Lo aveva ribadito con l'intervista a Khomeini. Ne aveva avuto paura, con una lucidità estrema, quando aveva seguito la prima guerra del Golfo come inviata. Negli articoli scritti per il Corriere della sera, la Fallaci era rimasta prima stupefatta e poi preoccupata dall'atteggiamento degli emiri in teoria alleati della coalizione internazionale guidata dagli americani. Il disprezzo per l'Occidente era evidente, così come il desiderio di rivalsa sui decadenti dominatori del mondo. Tutto questo saltò fuori nel 2001 davanti alle immagini delle Torri gemelle in fiamme. In quanto alla libertà d'espressione, la Fallaci era da sempre sensibile al tema, come mostra con grande efficacia la graphic novel di Galeani e Cannatella.

Con La Rabbia e l'Orgoglio, poi pubblicato in volume dall'editore Rizzoli il 12 dicembre 2001, comincia la prima e finora unica polemica di portata nazionale su temi quali l'immigrazione, la crisi d'identità dell'Europa, i pericoli dell'islam radicale. Per la prima volta l'Italia ha potuto toccare con mano cosa sia il politicamente corretto e quali effetti abbia. Eravamo ancora all'inizio di un crescendo di violenza, soprattutto all'estero. Il 2 novembre 2004, il regista olandese Theo Van Gogh fu assassinato in una strada di Amsterdam. Il killer lo sventrò come punizione per aver girato il film Submission dedicato alla sottomissione della donna nel mondo musulmano. Dopo l'iniziale solidarietà, la sceneggiatrice Ayaan Hirsi Ali fu isolata e lasciò l'Olanda, Paese di cui era anche parlamentare. Arriviamo così alla vicenda delle vignette danesi. L'immagine del profeta è sacra e non si può rappresentare senza incappare nell'accusa di blasfemia. Il quotidiano conservatore Jyllands-Posten pubblicò dodici disegni satirici sull'islam per verificare se esistesse ancora la libertà di espressione. L'immagine più discussa raffigurava Maometto con un turbante a forma di bomba. Altri disegni ironizzavano sui kamikaze e sulle vergini che li attendono in Paradiso. In altri ancora non c'era traccia alcuna di polemica. Le vignette uscirono il 30 settembre 2005. Il giorno stesso, le associazioni musulmane ne chiesero il ritiro. Il 14 ottobre si tenne la prima manifestazione di piazza davanti alla redazione di Copenaghen. In novembre e dicembre una delegazione di imam vicini ai Fratelli musulmani fece il giro dei Paesi arabi al fine di creare un incidente internazionale. Tra gennaio e febbraio 2006, quattro mesi dopo la pubblicazione, esplosero sommosse anti-europee un po' ovunque nel mondo musulmano. La vicenda si trascinerà fino alla strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo. Ora è tutto finito? No. Di recente, un fondamentalista ha cercato di eseguire la fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie. Nel 1989 lo scrittore fu condannato a morte per il romanzo I versi satanici (Mondadori), blasfemo agli occhi dell'ayatollah.

La Fallaci per aver previsto tutto questo fu duramente insultata.

Si meriterebbe le scuse degli italiani.

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