(...) di dipendenti, o al fatturato annuo. Tutti parametri che potrebbero garantire un minimo di equità. No, si paga in base al comune di ubicazione. Cioè le farmacie genovesi pagano il massimo, una cifra enorme, rispetto a quelle dei piccoli comuni. Sotto i cinquemila abitanti, per fare un esempio, il titolare versa 46,84 euro, sopra i 500mila, cioè solo nel caso di Genova, ne versa 2.221,80, cioè 50 volte tanto. Anche se la farmacia del piccolo comune serve tutti i residenti e magari anche quelli dei paesi vicini, con un giro daffari che è dieci volte superiore a quello della piccola farmacia, gestita da un singolo dottore senza collaboratori o dipendenti, che però ha la sfortuna di rientrare nel territorio genovese.
«Per assurdo nei centri rivieraschi, grandi ed importanti farmacie unicamente perché ubicate in comuni con meno abitanti di Genova pagano per la stessa tassa solo alcune decine di euro anche se hanno frotte di dipendenti e fatturati in euro a sei zeri - conferma la dottoressa Mondelli, che ha la farmacia a Borgoratti -. È questa una normativa talmente ingiusta che è stata abolita od almeno profondamente modificata in quasi tutte le regioni dItalia. Tranne che da noi. Capisco le necessità di cassa della Regione Liguria, ma un minimo di equità non dispiacerebbe, soprattutto in situazioni così paradossali». Eccolo il punto. La Liguria ha bisogno di soldi. E tanti. Daltra parte è di ieri la notizia che la Regione non è riuscita ad approvare entro i tempi stabiliti il Bilancio e deve ricorrere allesercizio provvisorio. Una situazione che non riguarda solo la Liguria, in compagnia di altre nove regioni alle prese con i conti che non tornano. Ma anche una situazione che fa riferimento proprio al buco della Sanità. Lassessore al Bilancio, G.B. Pittaluga, però fa sapere che quella di ricorrere allesercizio provvisorio è una scelta obbligata dettata dalla volontà «di conoscere i numeri definitivi della Legge Finanziaria relativi al fondo sanitario nazionale». Che evidentemente le altre regioni invece conoscono già.
Tornando alla tassa di concessione, cè poi da rilevare un altro aspetto assurdo. Ed è quello legato alle «farmacie rurali», cioè quelle presenti nei comuni dellentroterra, che non solo sono esantate dal pagare la tassa, ma anzi ricevono sovvenzioni proprio perché magari restano aperte per servizio in zone con pochi abitanti. E chi le deve pagare queste sovvenzioni? Naturalmente i colleghi farmacisti che hanno la «fortuna» di lavorare magari a Genova e che oltre ai 2.221 euro e rotti, devono versarne altri 668,30 per il contributo «campagne», tirando furoi in totale, ogni anno, quasi 3.000 euro a fondo perduto.
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