Controcultura

Oro, argento e corallo per architetture divine

In mostra a Palermo le splendide decorazioni d'altare barocche, piene di geometrica devozione

Oro, argento e corallo per architetture divine

Arriva a Palermo, negli spazi intimi del Museo Diocesano, e in una luce viva, nella oscurità degli ambienti, una mostra che solo in Sicilia si può realizzare, nella esaltazione di argenti, coralli, stoffe preziose, tra architettura e arti applicate. Sono gli spazi immaginari, altrove in cuoio dipinto o scagliola, dei «paliotti» d'altare con spericolate prospettive che avrebbe voluto concepire Escher, soprattutto ora che, estratti dalle loro funzioni, stanno sulle pareti come vedute in un delirio di sogni . In questo percorso, fra labirinti che si intersecano, si esaltano i sensi. Penso ai conventi dove, nel tempo lento, all'ombra di altari barocchi con intarsi di pietre dure, le monache intrecciano preghiere e biscotti, canti e dolci, miele e sospiri.

Le donne che entravano in un monastero di clausura non ne uscivano più, sceglievano un mondo dove sparire contrasta con l'apparire. I ritmi erano frenetici, la vita di ogni giorno scorreva nel silenzio, l'unica espressione verbale era la preghiera, in quanto trascorrevano la maggior parte del tempo a recitare salmi, inni, preghiere e letture, avevano un'enorme capacità di controllo del loro corpo, restavano ore in ginocchio come in una posizione naturale, camminavano lungo i corridoi come se volassero, anche nell'aprire le porte era come fossero eteree, comunicavano attraverso gesti e sguardi che pesavano più delle parole, era concessa solo una breve pausa di ricreazione per poi riprendere le attività di preghiera.

I dolci - lo sa bene padre Giuseppe Bucaro che alla vita claustrale ha dedicato una memorabile mostra, «Sacra et pretiosa»,nel convento di Santa Caterina - oltre a essere concepiti nei monasteri femminili, a Palermo ebbero anche un gaudente promotore, l'abate Giovanni Meli che, nel Settecento, scrisse un delizioso libretto in dialetto, Li cosi duci di li batii,che ancora oggi costituisce un notevole ricettario di delizie culinarie. Non ci sono altri conventi come in Sicilia che tengano insieme piaceri dello spirito e piaceri dei sensi. Preghiere, dolci, e paliotti.

Vorrei dire di cose lontane che mi legano alla Sicilia, nell'ordine dei valori assoluti: le arti segrete di argentieri e tessitori, in lenti e pazienti opere di meticoloso e assiduo impegno artigianale, per intercettare una dimensione di estasi nella bellezza, che trasferisce in forme perfette la devozione. Non può essere infatti frutto, se non di una esperienza mistica,la creazione di paliotti che traducono la fede in meraviglia, e testimoniano in favore della esistenza di Dio nello spirito e nelle mani degli uomini.

Sarà difficile rivedere una mostra ardimentosa e coraggiosa come questa voluta da Rosalba Panvini e Salvatore Rizzo ,per celebrare la magnificenza della liturgia che innalza la bellezza allo splendore di Dio nel luogo della celebrazione : l'altare . E, in queste mirabili Architetture barocche in argento e corallo, il paliotto si trasferisce nella dimensione spaziale della veduta prospettica come le scene di un teatro.

Giuseppe Cantelli parla del paliotto e della qualità scenografica dell'altare barocco: antependium era chiamato nel Medioevo , ed era ornamento di un blocco di pietra disadorno, fin dal tempo dei riti liturgici dei primi cristiani perseguitati in epoca romana. Occorreva concorrere con i sarcofaghi pagani, e a questo serviva l'ornamento sulla fronte dell'altare. All'inizio costituito di velluti preziosi con ricami, poi ecco, più stabili, i rari paliotti dipinti eseguiti nelle botteghe dei pittori fiorentini del '400. I paliotti si affermano stabilmente con il rinnovamento liturgico definito nel Concilio di Trento. In Sicilia, in età barocca, si trasformano in mirabili ricami con architetture prospettiche, vere e proprie scenografie realizzate con supporti tessili i cui materiali costitutivi sono l'oro e l'argento filati, la seta policroma, e gemme, perle, grani di corallo. Sono preghiere e canti innalzati a Dio.

Come altrimenti spiegare la creazione di anonime, se non come frutto di una incrollabile fede individuale, «architetture del Sublime», ovvero una straordinaria serie di paliotti ricamati in corallo a soggetto architettonico, eseguiti tra il XVII e il XIX secolo in Sicilia? Sotto lo sguardo di committenti esigenti e compiaciuti, artigiani infallibili, diversamente esperti, realizzavano meraviglie di sovrumana ispirazione,con ossessiva precisione. L'esecuzione ad ago delle decorazioni è principalmente da ascrivere alle maestranze dei ricamatori,organizzati in Sicilia come corporazione fin dal 1502, talvolta anche religiosi e religiose pratici ed esperti, per tradizione ed esperienza familiare e clericale, in queste tecniche estremamente complicate, ma quasi innate nei tempi lenti della vita claustrale, in dialogo con architetti ed esperti in arti figurative, anche con il delicato e materiale apporto di nobildonne, paraclaustrali, almeno fino a una prima matura età. Genio delle anonime. Suore e aristocratiche. Oro,luce di Dio; corallo, sangue di Dio. Insieme rendono preziosi, ma anche immateriali e sublimati i raffinatissimi lavori delle mani, che sono una festa irripetibile per gli occhi, un perfezionamento della creazione divina.

Questi paliotti sono sublimazione della architettura nell'inutile, decorazione di pensieri divini che si misurano nella miracolosa produzione dell'uomo. Sono preghiere ed elogi a Dio. Incantati da questi specchi, non si vorrebbe mai uscire dalle stanze del museo diocesano. Capisco meglio, in un paradosso in cui Dio si manifesta nella manifattura del ricamo di suore, e nella elaborazione coordinata di dolci e paste concepiti nelle cucine dei conventi, la mia necessità di Sicilia. La lussuria coincide con la penitenza, dolci e ricami sono specchi della perfezione di Dio, mai così evidente altrove. Di più' non si può chiedere, e davanti a tali prove non si può osare dubitare della esistenza di Dio.

Nessun artista pretenderebbe in tanta luce di scrivere il proprio nome! Inutile vanità.

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