Luce unica ed uguale per illuminare platea e palco, escamotage suggestivo per unire le due realtà. Un letto di ferro tipo ospedaliero posto al centro della scena catalizza l'attenzione del pubblico che, prendendo posto a sedere, è attratto dalla giovane figura di donna che sta raggomitolata su di esso. Un drappo rosso porpora che scende verticalmente dall'alto del palco dietro al letto scandisce con forza il tono dello scenario di un dramma in cui non c'è possibilità di evasione. «La tempesta» di Andrea De Rosa vuole che tutto torni al centro, in quel letto catalizzatore dove tutto accade e dove ogni sensazione ed emozione più profonda prende voce. I personaggi sono tutti intorno a quel talamo che è insieme un rifugio ed un punto d'incontro.
Così uno degli ultimi drammi shakespeariani si racconta al pubblico quasi violentato da giochi di luce d'effetto, suoni assordanti e gesti forti, eppure affascinato dalla magia del racconto sublime di come l'uomo viva e agisca sempre sospeso tra due mondi paralleli, la vita reale e quella di un universo misterioso fatto di sogni e di segni tanto forti da sembrare più concreti della realtà stessa. Sotto l'occhio vigile di Prospero, o meglio, sotto lo sguardo severo e scavato di un carismatico Umberto Orsini si svolge tutta la narrazione. Orsini entra in scena da grande protagonista nelle vesti di colui che defraudato del suo potere è stato trapiantato su un'isola deserta dove, spogliandosi di tutto, si è dedicato solo all'amore per la figlia e alla magia. Ma Prospero non è Mago Merlino, niente cappello a cono e bacchetta magica, Prospero è un mago metateatrale come metateatrale è tutto lo spettacolo. La professionalità indiscussa di un grande attore come Umberto Orsini merita da sola la visione di tutto lo spettacolo che, fedele allo spirito Shakespeariano, trova nella versione di De Rosa una scelta eccessiva nell'asciugare il testo fino a prosciugarlo, una sorta di bignamizzazione che non risulta vincente perché troppo lontana dai ritmi e dalle stesure originali.
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