Cultura e Spettacoli

Oscar, giuria allargata ai produttori

L’Anica pensa di cooptare tutti i finanziatori dei film in lizza

Michele Anselmi

da Roma

In fatto di Oscar noi italiani siamo bravi a fare pasticci, ma i francesi non sono da meno. Così, mentre Aurelio De Laurentiis sta faticosamente escogitando il sistema per allontanare il sospetto di conflitto di interessi dalla commissione Anica cui è stato affidato il compito di designare il film italiano da spedire all'Academy, da Parigi arriva notizia di un pateracchio mica male sullo stesso versante. Leggendo Screen International si scopre che il film scelto per rappresentare la Francia, Merry Christmas, un polpettone da 20 milioni di euro di Christian Carion ambientato nella Prima guerra mondiale, è passato per 4 voti contro 3, grazie al forte sostegno politico del ministro della Cultura, alla spinta del distributore americano (la Sony) e all'aggiramento di una norma cruciale. Il regolamento prescrive infatti che, per poter gareggiare, il film sia uscito per una settimana almeno tra il 1° ottobre e il 30 settembre dell'anno successivo. Ma Merry Christmas uscirà ufficialmente il 9 novembre. Fuori tempo massimo, quindi. Il rimedio? Subito trovato: una settimana di proiezioni di controllo, ovvero gratis, in una sperduta cittadina nel nord della Francia. Così, dribblato lo scoglio principale, lo sorso 19 settembre il film è stato ufficialmente designato; a maggioranza risicata e ai danni del più accreditato documentario La marcia dei pinguini di Luc Jacquet.
Insomma, tutto il mondo è paese. Quanto all'Italia, dopo che il Giornale aveva rivelato nomi della commissione e rischi di forma, la faccenda s'è alquanto ingarbugliata. Alla sfuriata radiofonica di Roberto Faenza, che ha invocato addirittura l'intervento della Guardia di Finanza, ha replicato stizzita l'Anica, ribadendo «la legittimità» del comitato e la correttezza del sistema di voto (i 4/5 dei suffragi o niente). E intanto si moltiplicavano le perplessità di Bernardo Bertolucci e Vincenzo Cerami, poco entusiasti della piega presa dagli eventi, e pronti a dimettersi.
Per chiudere la polemica, l'estenuato De Laurentiis avrebbe così prospettato di cooptare nel ristretto circolo di esperti (oggi 17, domani chissà) anche i produttori degli altri film in lizza. Ormai una decina: si va da La bestia nel cuore a Quando sei nato non puoi più nascondersi, da Manuale d'amore a I giorni dell'abbandono, da Private a Viva Zapatero!, da Provincia meccanica a Il resto di niente, da Quo vadis, baby? a Le conseguenze dell'amore. L'idea è semplice: coinvolgere tutti i produttori dei film menzionati nella discussione, in modo da far emergere dettagli tecnici e potenzialità commerciali, per poi votare entro il 30 settembre chiedendo agli interessati di astenersi. Tutti in conflitto, nessun conflitto.
Funzionerà? Vai a saperlo. Molti, anche tra gli esperti ingaggiati, rimpiangono già il vecchio metodo, legato ai quasi mille giurati dei David di Donatello: più trasparente e democratico. D'altro canto non ha torto uno dei produttori coinvolti, che preferisce l'anonimato, quando protesta: «Mi sono rotto! La corsa all'Oscar costa 200 mila euro. Bisogna scegliere il film giusto, non il più bello. Come si può lavorare con la pistola alla tempia? Se fai qualcosa tutti si incazzano e gridano allo scandalo. Sapete che cosa succederà? Anche quest'anno l'Italia resterà fuori dalla cinquina».

In effetti, il rischio c'è.

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