Ottanta deputati: "Liberate la Gariboldi"

Ottanta firme di parlamentari per chiedere conto della lunga carcerazione di Rosanna Gariboldi, ex assessore provinciale di Pavia e moglie del deputato del Pdl Giancarlo Abelli, arrestata oltre un mese fa su richiesta della Procura di Milano. Ma la notizia vera, nell’interrogazione urgente al ministro della Giustizia Angiolino Alfano depositata ieri a Montecitorio, è che a spezzare una lancia in difesa della detenuta non sono soltanto parlamentari del suo stesso schieramento politico. Insieme a deputati e senatori del Popolo della libertà, sottoscrive l’interrogazione una significativa pattuglia di esponenti dell’opposizione: tra questi i deputati del Partito democratico Ugo Sposetti (già tesoriere dei Ds), Paola Binetti, Maria Antonietta Farina Coscioni, l’ex Pd Massimo Calearo, attualmente iscritto al gruppo Misto della Camera, Luisa Santolini dell’Udc. Solo un partito dell’opposizione, l’Italia dei Valori, non ha nessuno dei suoi tra i firmatari dell’interpellanza. Ma, sull’altro fronte, manca all’appello anche un partito della maggioranza: la Lega Nord.
Sul «caso Gariboldi», insomma, pare crearsi uno schieramento bipartisan che mette in discussione i metodi investigativi della Procura di Milano. Si tratta di un tema sollevato - dopo che anche il tribunale del Riesame aveva rifiutato la scarcerazione dell’indagata - dai familiari e dal difensore della Gariboldi: il professor Ennio Amodio aveva parlato esplicitamente di «metodo Tonino», ovvero metodo Di Pietro, ipotizzando che l’esponente del Pdl venisse tenuta in carcere per indurla a parlare dei legami tra gli altri indagati e esponenti di spicco della Giunta regionale lombarda. E a rilanciare questi sospetti erano stati, nei giorni successivi, alcuni esponenti della maggioranza che avevano fatto visita alla Gariboldi nel reparto femminile di San Vittore: in particolare gli eurodeputati Gabriele Albertini e Mario Mauro e il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi avevano raccontato di avere trovato la donna assai provata e di non capire il protrarsi della carcerazione. Bondi aveva parlato di «detenzione abnorme». «Mi domando - aveva detto Mauro - se le forme di questa carcerazione preventiva non sconfinino nella tortura».
L’interrogazione riprende questi dubbi, cita le dichiarazioni di Mauro e Bondi, ricorda che «il nostro sistema giudiziario prevede che la custodia cautelare possa applicarsi esclusivamente in caso di rischio di inquinamento delle prove, pericolo di fuga e reiterazione del reato». E chiede al ministro Alfano «di quali elementi disponga il governo con particolare riferimento allo stato di salute della persona interessata» e «se le condizioni ed i modi della detenzione della Gariboldi siano compatibili con le garanzie di rispetto dei diritti umani previste dal sistema giudiziario italiano».
Sono parole che se fossero venute solo dallo schieramento politico cui appartiene la Gariboldi avrebbero comunque sollevato un problema, ma cui la sottoscrizione da parte anche di esponenti del centrosinistra garantisce una potenza d’urto ancora maggiore. Difficile che abbiano conseguenze immediate sulla carcerazione dell’ex assessore, perché il ministro non ha alcun modo di intervenire su una decisione emessa dalla magistratura.

Peraltro uno dei temi sollevati dall’interpellanza, lo stato di salute della Gariboldi, non è mai stato citato dai difensori nelle istanze di scarcerazione. Ma il risultato è comunque quello di fare dell’indagine sulle bonifiche ambientali in Lombardia un «caso» nazionale e di calarlo nel vivace dibattito sui rapporti tra politica e magistratura.

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