Padri separati, in arrivo 15 posti letto e una legge ad hoc

Tanti dormono in macchina, accartocciati sul sedile posteriore. Altri vivono di niente all’interno del box auto, l’unico rifugio rimasto. Sempre meglio della strada. Sono i padri separati, i nuovi poveri di Milano e provincia: un popolo di 50mila persone finite sul lastrico a seguito delle spese legali post-separazione. Oltre alla casa da 160 posti già aperta in via Calvino, zona Mac Mahon, ora avranno un altro punto di riferimento: una quindicina di camere all’interno del Collegio dei padri oblati missionari, accanto al cinquecentesco Santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho, nel milanese. Le stanze sono riservate agli uomini con un reddito annuo inferiore ai 20mila euro e le domande raccolte per avere un letto sono già una settantina: verranno analizzate da una commissione, che selezionerà i primi 15 papà soli che potranno accedere al servizio. I padri separati potranno appoggiarsi alla struttura per un anno, giusto il tempo per rimettersi in pista e magari trovarsi un lavoro più redditizio. Avranno a disposizione, in ogni stanza, telefono, accesso a Internet e allacciamento per la tv.
L’iniziativa è firmata dalla Provincia di Milano, che coprirà la metà della retta mensile (pari a 400 euro) ed è stata realizzata assieme all’associazione Famiglie separate cristiane, che sta vicino alla nuova categoria debole. «Si tratta di un primo progetto pilota - spiega l’assessore provinciale alle Politiche sociali Massimo Pagani - che vorremmo replicare su tutto il territorio. La Provincia vuole farsi carico in prima persona di un’emergenza sociale, spesso invisibile ma reale». A breve la Provincia pensa anche di aprire un’altra casa in zona Affori, vicino agli appartamenti realizzati per le Forze armate. «Stiamo anche per attivare un servizio telefonico per le persone in difficoltà - spiega il presidente di Palazzo Isimbardi, Guido Podestà - e vogliamo dare una prima risposta ai padri costretti a trovarsi un tetto dopo la separazione. I numeri di questo fenomeno sono impressionanti e, ovviamente, il nostro progetto pilota va sviluppato al fine di incrementare la disponibilità abitativa per questi soggetti. Stiamo rispettando l’impegno di non lasciare indietro nessuno, come avevamo annunciato durante la campagna elettorale del 2009. Siamo già intervenuti sul fronte della difesa dei posti di lavoro e della formazione professionale con lo stanziamento di sei milioni».
Anche la Regione Lombardia scende in campo a favore della nuova categoria di poveri. Il neopresidente del Consiglio lombardo, Davide Boni, lancia una proposta: realizzare una legge regionale ad hoc per i padri divorziati e organizzare urgentemente un tavolo regionale per analizzare il problema e trovare delle soluzioni. «I padri separati - spiega - vanno aiutati. Per loro, oltre agli aiuti economici, va studiata anche la possibilità di garantire un punteggio più altro per accedere alle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi pubblici». «Credo sia arrivato il momento - precisa Boni - di affrontare questo problema particolare, soprattutto in un momento come questo, caratterizzato da una difficile congiuntura economica. Il Consiglio regionale farà la sua parte».
A vivere il contraccolpo economico della separazione sono migliaia di padri. Basti considerare che, solo a Milano e Provincia, i divorzi sono 2mila all’anno (60mila in Italia), dei quali un terzo non consensuali. Il primo anno di ritorno alla vita da single, che, nella maggior parte dei casi, avviene in condizioni di lacerazione emotiva, comporta, d’altra parte, un costo pro capite calcolabile tra i 20mila e i 30mila euro.

Al quale vanno aggiunti le spese dei vecchi e nuovi mutui o affitti, le spese legali, gli assegni di mantenimento ed eventuali parcelle per sedute psicologiche. Ogni singolo divorzio, poi, costa in media tra i mille e i duemila euro quand’è congiunto. Tra i 10mila e i 15mila euro quando non è consensuale.

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