Una pala che è una cattedrale per innalzare al cielo la pittura

ome raccogliendo il testimone di Paolo, Lorenzo Veneziano inizia nella seconda metà del quattordicesimo secolo. La sua prima opera conosciuta, del 1357, per la Chiesa di Sant’Antonio Abate a Venezia, ora all’accademia è il Polittico Lion, ed è già un capolavoro. Al centro del Polittico vediamo l’Annunciazione. In una singolare concezione la Madonna a tutti gli effetti è in trono, ma il pittore la decentra, quasi impercettibilmente, per lasciare spazio all’ angelo con le ali slanciate in alto a seguire l’Arco gotico della cornice. A destra inginocchiato, piccolissimo il donatore Domenico Lion.
L’impostazione del polittico, pur con l’integrazione nello scomparto superiore, con il Padre eterno, di Francesco Bissolo, è come quella di una cattedrale con le navate e i matronei entro i quali prendono posto, intere e a mezzo busto, le immagini dei Santi. Il panneggio è compiutamente gotico, con una forte suggestione della scultura coeva. Questa scelta formale impone un allungamento delle figure con una cifra stilistica che distingue Lorenzo da Paolo, pur nella immobilità della intramontabile tradizione bizantina. Lorenzo, rispetto a Paolo, ha una tavolozza più luminosa, squillante, ma le sue immagini restano deliberatamente inespressive. Ciò che preme a Lorenzo come a Paolo è trasmetterci la sensazione di un tempo immobile, avulso dalla Storia e, tanto più, dalla Storia dell’Arte, quasi in contrasto con la orgogliosa esibizione del nome. Lorenzo appartiene a una tradizione, di cui è parte integrante: poco gli importa la distinzione individuale, la verità dell’artista. Anche nel suo caso, l’evoluzione stilistica appare quasi impercettibile. Nella Madonna con il Bambino del Louvre il decorativismo e il gusto gotico si arricchiscono di una spazialità allusa dall’edicola che contiene il gruppo sacro. Così come conferma la volontà di nascondersi dietro uno stile che non mostri caratteristiche troppo individuali, non abbiamo notizie distinte e precise della vita e della formazione dell’artista.
Egli matura i caratteri gotici della pittura di Paolo ma non va più avanti, anche se, timidamente, mostra di essersi misurato con Tommaso da Modena, e Guariento, non volendo superare i propri arcaismi decorativi. Lorenzo fa i conti con il nuovo e lo assorbe, lo normalizza, ne impedisce di fatto la diffusione. Nelle opere della piena maturità, come la Dormitio Virginis nel Duomo di Vicenza del 1366 o la Consegna delle Chiavi a San Pietro ora al Museo Correr, avvertiamo una umanizzazione derivata dai rapporti con la pittura bolognese, trasferendo l’evento sacro in favola. Nell’ultima opera firmata e datata 1372, la Madonna con il Bambino ora al Louvre forse proveniente dalla Chiesa di San Francesco a Rieti, la visione di Lorenzo, come abbiamo visto, appare orientata verso una timida umanizzazione.

Davanti a prove come queste Roberto Longhi potrà concludere: «Siamo in Italia? Dico. L’Italia di Giotto, di Simone, di Vitale? Per quanto si faccia non si riescirà mai a porre codesti veneti sullo stesso piano dei grandi fiorentini o senesi contemporanei; e neppure degli emiliani».

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