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Palazzi occupati, la burocrazia copre gli abusivi

Tempi biblici per gli sgomberi. Mesi di attesa prima di smantellare quei «fortini del degrado» che sono la tana di criminali e abusivi, e spesso il ricettacolo di condizioni igieniche disastrose. E pericolose per interi quartieri.
Via Clitumno 11 è stata sgomberata il 13 agosto. Dentro c’erano undici clandestini, muri pericolanti, fogne abusive, cumuli di spazzatura ed escrementi, tetti semidiroccati e un appartamento incendiato. Il primo rapporto della Polizia locale era di novembre. Ci è voluto un sopralluogo dell’assessore regionale Maullu per sbloccare l’impasse, nove mesi dopo. Il 24 luglio l’Asl ha ispezionato lo stabile con la polizia locale, verificando le paurose condizioni di degrado, per poi proporre al Comune lo sgombero, dopo aver dichiarato inabitabile quell’inferno di rifiuti e fogne a cielo aperto.
Non molto diverso il panorama in viale Espinasse 104: alloggi usati come dormitori clandestini, condizioni igieniche disastrose, pericolo di fughe di gas. Un rischio per chi ci sta dentro e per chi abita vicino. Qui si aspetta da dicembre. Sono già passati otto mesi. In via Padova c’è un altro palazzo del degrado. In questo caso i primi rapporti della polizia locale risalgono a febbraio-marzo. «Le Asl devono essere più veloci - incalza lo stesso Maullu - in una città come Milano è inconcepibile che resistano situazioni del genere. I tecnici fanno un ottimo lavoro ma dev’essere più rapido, non possiamo permetterci tempi biblici. La sicurezza oggi richiede controlli continui e una collaborazione più stretta fra autorità sanitarie e forze di polizia, anche locale. Anche nel controllo degli esercizi commerciali, che possono essere un presidio di sicurezza nei quartieri o al contrario un polo di attrazione di problemi».
Ma lo smantellamento degli stabili che danno rifugio a bande di abusivi è rallentato da una miriade di passaggi burocratici, e dall’intervento di una sfilza di attori. La Polizia locale è il primo «sensore» sul territorio. Il suo rapporto è indirizzato all’Asl, che deve verificare lo stato di anti-igienicità - una condizione suscettibile di correttivi ordinati dal sindaco su proposta dei tecnici sanitari - o di anti-abitabilità, una condizione più grave che prelude allo sgombero, anch’esso proposto al sindaco, il quale a sua volta - soprattutto nel caso in cui intervengano questioni rilevanti di ordine pubblico - lo sottopone al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, mettendo in campo anche i necessari interventi sociali, in particolare diretti a donne e bambini.
Il sopralluogo o l’ispezione dei tecnici Asl, però, richiedono una copertura giuridica che escluda le violazioni indebite di domicilio (salvo i rari casi in cui il padrone di casa, ammesso che sia lui quello che risponde al campanello, dica: «Accomodatevi»). Insomma è necessario un mandato del giudice, e in genere è il Comune stesso a chiederlo, o le forze dell’ordine. E i provvedimenti devono essere indirizzati a un proprietario che spesso è introvabile presso i servizi di pubblicità immobiliare. «Gli aggiornamenti delle trascrizioni immobiliari sono molto in ritardo», denuncia ancora Maullu. Infine all’ispezione devono essere presenti le forze dell’ordine, per garantire la sicurezza dei tecnici.
Dunque una vera e propria giungla burocratica, in cui le Asl, chiamate in causa, devono - come spiega il dirigente del servizio Igiene pubblica, Giorgio Ciconali - sopperire ai loro compiti con i 15 tecnici delle unità operative che a Milano e in altri sei centri come Sesto, Cusano, Cormano, Cinisello, Bresso e Cologno Monzese devono controllare piscine, alberghi, servizi igienici, parrucchieri, estetisti e ambulatori.

Un lavoro - spiega ancora l’Asl - che la Regione (settore Sanità) chiede sempre più di programmare, mentre altri esigono «con tempestività» di intervenire su quelle bombe di abusivismo e pericolo che sono i fortini del degrado.

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