Cronaca locale

"Al casinò per riciclare i soldi della mafia": confisca da 700 mila euro

Destinatario del decreto di confisca è il 54enne palermitano Giuseppe Citarda. É l'uomo che si occupava di riciclare il denaro della famiglia mafiosa di Villabate

"Al casinò per riciclare i soldi della mafia": confisca da 700 mila euro

Si occupava di riciclare i soldi dei boss di Villabate. Soldi che venivano ripuliti giocando al casinò. Il patrimonio da 700 mila euro del palermitano Giuseppe Citarda è passato nelle mani dello Stato. Questa mattina ad eseguire il provvedimento di confisca - emesso dal tribunale di Palermo - sono stati i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria del capoluogo siciliano.

Ai beni in possesso di Citarda, gli investigatori sono giunti a seguito di accertamenti patrimoniali disposti dalla procura della Repubblica. Il 54enne è stato tratto in arresto nel 2006, nell’ambito dell’operazione “Saint Vincent”, unitamente ad altre 12 persone, in quanto risultava riciclare i soldi di provenienza illecita, per conto della famiglia mafiosa di Villabate, mediante delle giocate effettuate presso il noto casinò (che come struttura era risultato estraneo ai fatti).

Citarda era anche considerato vicino a Gioacchino Badagliacca, elemento di spicco della famiglia mafiosa palermitana di Corso Calatafimi. Il decreto di confisca, ora divenuto definitivo, scaturisce dalle indagini economico – patrimoniali svolte dal Gruppo investigazione criminalità organizzata, del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Palermo, su delega della locale procura della Repubblica, che nel 2016 portarono al sequestro del ristorante Klikò di via Roma a Palermo, nonché di rapporti finanziari e quote societarie.

"Continua - spiegano dal Comando in una nota - l’azione che la guardia di finanza palermitana svolge, nell’ambito delle indagini delegate dalla procura della Repubblica di Palermo, a contrasto dei patrimoni di origine illecita, con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali mediante l’aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate e di liberare l’economia legale, da indebite infiltrazioni della criminalità, consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza".

Pochi giorni fa, un'altra operazione - questa volta eseguita dalla polizia - ha inflitto un duro colpo alla famiglia mafiosa dell'Arenella. A finire in manette 8 persone, ritenute affiliate a una delle famiglie mafiose più rappresentative del mandamento di Palermo-Resuttana. Tra gli arrestati anche il boss Gaetano Scotto, che secondo gli investigatori, "dopo la scarcerazione aveva ripreso la guida della famiglia mafiosa". La Dia, ha confermato "un progressivo e cauto reinserimento di Gaetano Scotto nel suo quartiere all'indomani della scarcerazione, con il pieno recupero del suo ruolo e della sua autorità all'interno di cosa nostra". Scotto era considerato un punto di riferimento, "per la risoluzione di ogni tipo di problema nel quartiere e a volte anche fuori".

Scotto è un nome di peso della borgata Arenella ed evoca misteri soprattutto legati alla stagione delle stragi del '92-'93.

Pietro Scotto, infatti, era stato condannato all'ergastolo per la strage di via D'Amelio e scagionato quando furono scoperte le bugie del finto pentito Vincenzo Scarantino.

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