Cronaca locale

Mafia, il mistero della morte del maresciallo Lombardo: "Non fu suicidio"

Alla vigilia dell'anniversario della morte parla il figlio del maresciallo del Ros Antonino Lombardo, morto ufficialmente per suicidio il 4 marzo del 1995. E parla dei tanti misteri che avvolgono la morte di suo padre

Mafia, il mistero della morte del maresciallo Lombardo: "Non fu suicidio"

A 25 anni dalla morte del padre, il figlio del maresciallo Antonino Lombardo rompe il silenzio e con un video postato su Facebook, mostra il corpo del padre insanguinato e parla di una borsa contenente "documenti importanti sulla trasferta negli Usa", con il boss Gaetano Badalamenti, sparita nel nulla.

La sera del 4 marzo del 1995 nel parcheggio della caserma dei carabinieri "Bonsignore" di Palermo, sede della Legione carabinieri Sicilia, nella sua auto, viene ritrovato il corpo senza vita di Antonino Lombardo, maresciallo del Ros. Accanto a lui una lettera, appoggiata sul sedile passeggeri. "Mi uccido per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita. Non ho nulla da rimproverarmi poiché sono stato fedele all'Arma per trentuno anni e, malgrado io sia arrivato a questo punto, rifarei tutto quello che ho fatto. La chiave della mia delegittimazione sta nei viaggi americani...". Una lettera su cui non c'era neppure uno schizzo di sangue, nonostante fosse stata ritrovata accanto al corpo del maresciallo.

Nel video, postato in una diretta Facebook, Fabio Lombardo mostra le fotografie del padre morto e la pistola tra le dita. E parla della "borsa sparita" contenente "documenti importanti sulla trasferta negli Usa", delle "stranezze" di una pistola impugnata sul grembo, di un'ogiva "probabilmente falsa", di "uno sparo non sentito" e una lettera d'addio "messa in auto solo dopo lo sparo, sul lato passeggeri". Un mistero dietro l'altro, dietro la morte del maresciallo. Ufficialmente morto per suicidio. Ma il figlio del maresciallo, non ha mai creduto alla pista del suicidio e alla vigilia del 25esimo anniversario della morte del padre decide di mostrare, per la prima volta, le fotografie del padre morto.

Se la prende con "un'antimafia parolaia che è peggio della mafia" e ne ha per tutti, anche per gli inquirenti che si occuparono del caso mai risolto. É stanco, Fabio Lombardo, "di cercare verità sulla morte di mio padre". E inizia a snocciolare "tutte le lacune" di una vicenda ancora piena di misteri. A partire dal "buco dalle 20.30 alle 22.30 della sera del 4 marzo 1995". Quando Lombardo venne trovato senza vita nella sua auto. Alcuni militari dell'Arma che vengono sentiti successivamente dicono di non avere sentito alcuno sparo, "pur stando molto vicini all'auto". Chi, invece, sente lo sparo è il capitano Ultimo, il colonnello Sergio De Caprio, l'uomo che due anni prima aveva arrestato il boss mafioso Totò Riina.

"Alle 22.30 il capitano De Caprio sente un colpo secco e guardando avanti vede dei militari e chiede se gli è scappato un colpo. Loro lo guardano e dicono "ma noi non abbiamo sentito niente", spiega oggi Lombardo. "Un brigadiere dice a De Caprio che c'è una persona in auto che si sente male. E si è allontanato. Avvisano il centralino e vengono avvisati ufficiali vari - dice - Le testimonianze di quella sera non finiscono qua. C'era un militare in servizio presso il battaglione Sicilia e stranamente dice: "Escludo di avere visto il maresciallo Lombardo né in entrata né in uscità". Un sottotenente, capo di picchetto al Battaglione Sicilia, dice di non avere visto il maresciallo Lombardo, anche perché non lo conosceva. Inoltre non ha neppure sentito esplodere un colpo di arma da fuoco. L'unico che sente un colpo secco è De Caprio. Come fa il sottotenente a non sentire a 30 metri di distanza il colpo mentre De Caprio che era a 70 metri di distanza lo sente?".

"Nessuno ha visto entrare mio padre, un fantasma insomma - si sfoga Lombardo -". Un altro mistero è quello della borsa scomparsa. "Si è sempre parlato della borsa di Borsellino e dell'agenda sparita o della borsa di Dalla Chiesa, ma mai della borsa scomparsa di mio padre". "All'interno di quella borsa - dice il figlio del maresciallo - c'erano documenti su indagini e documenti sugli Stati Uniti". Dove il boss Gaetano Badalamenti sarebbe stato pronto a raccontare la sua verità su molti misteri di Cosa Nostra. Ma il figlio del maresciallo non si limita a raccontare. Questa volta, mostra anche le foto del cadavere del padre. C'è sangue sulla testa ma anche sulle mani. Ed ecco un altro, dei tanti misteri, quella della lettera d'addio. "Questa lettera non mostra nessuna macchia di sangue, mentre mio padre è pieno di sangue. Accanto alla lettera ci sono tracce di sangue ovunque, ma non sulla lettera. Come mai?".

Una lettera che verrà consegnata al figlio del maresciallo solo anni dopo. "Quando solo nel 2012 mi viene consegnata la lettera perché non era più utile alle indagini, stranamente ci sono macchie di sangue...". "E c'è un'altra stranezza - aggiunge - le macchie di sangue sono entrate sotto il sedile. Sarò stupido ma penso che questa lettera è stata presa e letta da qualcuno". Spiega anche che "non è mai stata fatta una perizia calligrafica e non si sa perché. Hanno lavorato coi piedi, forse un bambino di 10 anni avrebbe lavorato meglio del pm che ha fatto brutta figura". "Un'altra cosa che mi è sembrata strana, forse tra le più strane - continua Lombardo mostrando la fotografia del cadavere di suo padre - è quella pistola ancora impugnata e appoggiata sul bacino. Sembra un caso più unico che raro come in un film hollywoodiano. Mio padre tiene ancora stretta, in pugno, la pistola come fosse vivo. Mi hanno detto che quando ti spari alla tempia il braccio dovrebbe cadere perpendicolarmente". "E se qualche esperto viene a dirmi il contrario sarei contento - dice - siamo all'assurdo".

E non è finita. Che fine ha fatto l'ogiva? Si chiede Fabio Lombardo. "L'ogiva dalle perizie balistiche viene trovata a sei metri di distanza dall'auto - spiega - Il proiettile viene trovato quasi dietro l'auto. Mi chiedo che giro fa il proiettile?". "Dopo che il proiettile attraversa il cranio - aggiunge - dovrebbe presentarsi con la punta deformata e i solchi della canna. Quando ho visto la foto sono saltato in aria e ho chiesto al mio perito balistico. E lui mi ha detto "molto probabilmente non è l'ogiva entrata e uscita dalla testa di tuo padre". "In tutti questi anni l'ultima volta che sono stato sentito dai magistrati è stato nel 2015 dai pm della trattativa Stato-mafia, chiesi ufficialmente sia la pistola che l'ogiva per farla esaminare dal mio perito. Mai avuto risposte.

Poi, nel video, se la prende come già in passato con il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e l'ex sindaco di Terrasini, Manlio Mele. E aggiunge: "qua di suicidio c'è ben poco. Vengono aperti tutti i cold case e non questo. Perché tutti quelli che parlano della morte del maresciallo Lombardo si defilano? Dove stava arrivando mio padre?". E parla ancora del famoso "viaggio americano" che proprio grazie al maresciallo, avrebbe dovuto riportare il boss Badalamenti in Italia.

"É importante soprattutto perché dopo la seconda missione Gaetano Badalamenti decide di venire in Sicilia - spiega il figlio del maresciallo - e io ricordo ancora oggi che un giorno mio padre stranamente mi abbracciò e mi disse che l'importante era restare una famiglia unita perché "quando arriveremo in Italia con Badalamenti ci sarà un terremoto giudiziario". Di cosa parlava Lombardo?. "Badalamenti non doveva arrivare in Italia - dice il figlio del sottufficiale - e non capisco perché hanno fatto queste missioni. Se non le avessero fatte, oggi mio padre sarebbe vivo. Badalamenti in Sicilia non doveva arrivare, da quello che capisco dalla lettera". E racconta di una interlocuzione con la vedova di Paolo Borsellino. "Un giorno la chiamai, nel dicembre 2006, per invitarla alla presentazione del libro "Uno sparo in caserma". Quella volta le chiesi se poteva confermare che mio padre nel 1995 la chiamò dicendo: "A breve le porterò la verità sulla morte di suo marito su un vassoio d'argento". E lei mi disse: "Non solo è vero, ti dico di più. Così come tuo padre promise di prendere Riina, promise anche che sarebbe arrivata la verità su mio marito".

"Ma ora è morto - dice Fabio Lombardo - Siamo nel 2020 e ci sono processi sui depistaggio e sui misteri delle stragi, ma già 25 anni fa un maresciallo era arrivato alla verità". "Sono 25 che prendo calci nel sedere eppure parliamo della persona che contribuì ad arrestare il boss più pericoloso di Cosa Nostra. Stavamo avendo una rivoluzione giudiziaria con l'arrivo di Badalamenti e non è stato possibile, perché?". "Io per avere giustizia sto combattendo - dice Fabio Lombardo tra le lacrime -. Ma c'è gente che non vuole arrivare mai alla verità. Il 4 marzo saranno 25 anni e la cosa più dura è non potere dire più papà.

É molto dura", singhiozza.

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