La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno: un operatore Seus (Sicilia Emergenza - Urgenza sanitaria) del 118 in servizio a Palermo è risultato positivo al Covid-19.
Il responso del tampone non ha lasciato dubbi e messo in allarme i colleghi che sono entrati in contatto con lui ma non solo. Quello che si teme è un effetto domino che potrebbe arrivare fin dentro gli ospedali. "Se si ammalano i medici come facciamo?", dicono da settimane gli operatori del settore chiedendo più protezioni.
Tamponi per i sanitari
Come riporta IlGiornalediSicilia, l'assessorato regionale alla Salute ha disposto i tamponi per tutti gli operatori sanitari impegnati negli ospedali, con modalità cliniche. "Se da una parte, quindi, non possiamo che esternare la nostra rabbia, augurando al lavoratore contagiato una pronta guarigione, dall'altra accogliamo con soddisfazione l'emanazione di un provvedimento che, come organizzazione sindacale, avevamo richiesto nei giorni scorsi", commentano Carmelo Urzì, segretario regionale della Ugl (Unione Generale del Lavoro) Sanità, e Raffaele Lanteri, segretario regionale della Ugl Medici.
Secondo quanto si apprende da Palermotoday, l'operatore positivo sarebbe entrato in contatto con molte squadre, per più giorni, per via del suo incarico in centrale. E non indossava protezioni quando parlava con i colleghi. "Siamo tanti, a contatto non solo tra di noi, ma anche con i pazienti, i loro cari, le nostre famiglie. Proteggerci è indispensabile", dicono dal 118.
Test negativi
Fortuanatamente, l'assessorato fa sapere che sono già stati eseguiti diversi tamponi risultando negativi. Saranno, comunque, ripetuti a distanza di sette giorni come prevedono le procedure. Inoltre, uno studio epidemiologico nazionale "prevede contatti ravvicinati per più di 15 minuti e distanza inferiore a 1,5 metri (per esserci possibilità di contagio ndr). Cosa non avvenuta durante la consegna di materiale tra l’operatore e il personale delle ambulanze", fanno sapere.
Colleghi e malati a rischio
Quello che preoccupa, però, è il numero delle persone potenzialmente esposte al contagio calcolando il tempo di incubazione ed il lavoro svolto dall'operatore adesso diventato paziente. Buona parte degli infermieri del 118 effettuano turni "in incentivazione" sulle ambulanze (turni aggiuntivi rispetto a quelli nei nosocomi ndr). Ciò significa avere portato, potenzialmente e incosapevolmente, il Covid-19 nelle corsie.
L'ira dei sindacalisti
L'episodio riapre, quindi, la questione dei dispositivi di protezione in dotazione al personale sanitario. "Se si vuole fermare la catena di contagio - affermano i sindacalisti - si deve censire con frequenza tutto il personale, anche asintomatico, a cominciare dagli operatori del 118 per passare ai medici e sanitari dei pronto soccorso e poi tutto il personale degli ospedali siciliani, anche quello delle ditte in appalto che curano i servizi sanitari, le pulizie il facchinaggio e le manutenzioni. Chi è chiamato a prestare cure e ad operare nei luoghi di cura, non può di certo finire ad essere il paziente da curare", incalzano.
La preoccupazione va, ovviamente, anche ai familiari di chi fa questi lavori. Sarebbe una beffa se, rispettando i protocolli di rimanere in casa, venissero infettati dai propri cari al rientro dal lavoro.
"Aldilà dei turni massacranti, sono lavoratori che fanno rientro a casa e, se contagiati e non debitamente controllati, potrebbero trasferire il virus ai loro familiari: una catastrofe!", ammoniscono, duramente, i sindacalisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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