In Sicilia la seconda Tari più cara d'Italia: ma l'isola è piena di rifiuti

Nell'isola la seconda tari più alta d'Italia. Fa "meglio" solo la Campania. Ma in Sicilia la gestione dei rifiuti è un vero problema, con continue emergenze e una differenziata che non decolla

In Sicilia la seconda Tari più cara d'Italia: ma l'isola è piena di rifiuti

La Sicilia è la seconda regione italiana più cara per la Tari, la tassa sui rifiuti: in media si versano ogni anno 394 euro. Solo la Campania supera la Sicilia: in media, qui, si pagano 421 euro. Sono alcuni dei dati che emergono dall'Osservatorio prezzi e tariffe della onlus Cittadinanzattiva. La Sicilia però, vanta alcuni numeri interessanti: ha 5 dei capoluoghi di Provincia ritenuti più cari in Italia a livello della tassa sui rifiuti. Catania è la città italiana dove si versa più Tari (in media 504 euro l'anno). In classifica ci sono anche Trapani (475 €), Siracusa (442 €), Agrigento (425 €) e Messina (419 €). La regione in cui si paga di meno è il Trentino Alto Adige, con 190 euro, mentre Potenza è il capoluogo di provincia più economico (121 e un decremento del 13,7% rispetto al 2018).

A livello nazionale in media si versano circa 300 euro l'anno, un euro in più rispetto al 2018. Ma in quasi la metà (51) delle 112 province italiane sono stati riscontrati aumenti, contro le 34 in cui la tariffa è diminuita. Sono davvero poche le regioni che rispetto al 2018 hanno fatto registrare un calo della tassa: sono il Lazio (-2%), l’Emilia Romagna (-0,8%), le Marche (-1,4%), la Sicilia (-1,3%), la Valle d’Aosta (-2,3%) e la Campania (-0,2%). L’indagine ha tenuto conto anche della percezione che hanno i cittadini: due su tre (il 68,2%) ritengono di pagare troppo. E tra le prime quattro regioni, tre sono del sud: Sicilia (83,4%), Umbria (80,2), Puglia (79,2) e Campania (78,4). Solo il 28,2% degli italiani pensa che la tariffa sia adeguata al servizio, con punte del 66% nella provincia autonoma di Bolzano, 48% in quella di Trento e 43% della Lombardia.

La gestione dei rifiuti in Sicilia

In una intervista che ha concesso a Il Giornale, il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci parlava proprio del servizio di gestione della raccolta dei rifiuti che nell'Isola continua ad arrancare. Un sistema che negli ultimi anni ha accumulato debiti per quasi due miliardi di euro. Oggi oltre il 70 per cento dei rifiuti prodotti in Sicilia finisce negli impianti privati, perché mancano quelli pubblici. Per realizzarne uno, in media ci si mettono, in Sicilia, dai 5 ai 7 anni. Il governo ha finanziato la nascita di tre nuovi impianti nella Sicilia occidentale (Ravanusa, Sciacca e Calatafimi), a giorni aprirà quello di Vittoria e nei due anni passati sono stati aperti quelli di Gela ed Enna, "mentre in Sicilia orientale - spiega il presidente - aspettiamo ancora che le Srr ci indichino i luoghi dove farli, almeno uno in provincia di Catania e uno in provincia di Messina. Abbiamo dovuto nominare un commissario che ci dia le riposte. La differenziata è una soluzione, ma ancora va a rilento. Mentre ci sono comuni dell'entroterra che raggiungono anche l'80 per cento, le grandi città Palermo, Catania e Messina, stentano, viaggiando tra il 12 e 18 per cento. Troppo poco". In media in Sicilia la Sicilia non arriva nemmeno al 40 per cento di differenziata. Troppo poco ancora.

Cosa può cambiare nel 2020

La nuova Tari è prossima ad una rivoluzione. Sarà l'autorità nazionale di regolazione dei rifiuti urbani (Arera) a definire il nuovo sistema di calcolo delle tariffe per i rifiuti urbani. Non saranno più considerati nella tassa costi che si riferiscono a servizi che non appartengono alla gestione dei rifiuti come disinfestazione o gestione del verde urbano. Inoltre l'autorità introduce una rigida classificazione di costi ammissibili per i servizi oggetto di tariffa e ne esclude altri. Questi ed altri fattori potrebbero portare sia a una riduzione che a un aumento delle tariffe rispetto all'ultimo anno, e per evitare stangate, Arera ha introdotto un sistema che impone un tetto agli incrementi tariffari. I comuni però sono sul piede di guerra perchè ritengono che il nuovo sistema di calcolo porti a una stangata. Anche l’Anutel (associazione nazionale uffici tributi enti locali) ha chiesto di prorogare al 2021 l’entrata in vigore del nuovo sistema, anche perchè i tempi sono stretti: i piani finanziari a cui stanno lavorando i comuni devono essere tutti approvati da arera entro il 31 dicembre 2019.

Quanto si paga nelle regioni italiane (tra parentesi la variazione rispetto allo scorso anno)

ABRUZZO, 326 € (+1,8%)
BASILICATA, 221 € (+7,9%)
CALABRIA, 296 € (=)
CAMPANIA, 421 € (-0,3%)
EMILIA ROMAGNA, 274 € (-0,8%)
FRIULI VENEZIA GIULIA, 228 € (+3%)
LAZIO, 325 € (-2%)
LIGURIA, 333 € (+3,2%)
LOMBARDIA, 241 € (+0,8%)
MARCHE, 235 € (-1,4%)
MOLISE, 219 € (+0,1%)
PIEMONTE, 276 € (+1,4%
PUGLIA, 373 € (=)
SARDEGNA, 345 € (=)
SICILIA, 394 € (-1,3%)
TOSCANA, 323 € (+0,3%
TRENTINO ALTO ADIGE, 190 € (+3,9%)
UMBRIA, 301 € (=)

Quanto si paga in Sicilia (tra parentesi la variazione rispetto allo scorso anno)

Agrigento, 425 € (+1,1%)
Caltanissetta, 288 € (=)
Catania, 504 € (+15,9%)
Enna, 280 € (‐3,4%)
Messina, 419 € (+1,6%)
Palermo, 309 € (+0,5%)
Ragusa, 405 € (‐5%)
Siracusa, 442 € (=)
Trapani, 475 € (‐16,8%)

I dieci capoluoghi più cari

Catania, 504 €
Cagliari, 490 €
Trapani, 475 €
Benevento, 471 €
Salerno, 467 €
Napoli, 455 €
Reggio Calabria, 443 €
Siracusa, 442


Agrigento, 425 €
Messina, 419 €

I dieci capoluoghi più economici

Potenza, 121 €
Udine, 167 €
Belluno, 168 €
Pordenone, 181 €
Vibo Valentia, 184 €
Isernia, 185 €
Bolzano, 186 €
Brescia, 191 €
Verona, 193 €
Torino-Cremona, 195 €

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