Pammatone, addio pagato a caro prezzo

Pammatone, addio pagato a caro prezzo

Scrive il signor Silvestri che da ora in avanti per riuscire a fare il suo controllo medico mensile con tanto di prelievo del sangue dovrà andare fino in via Assarotti. E per lui, ultrasettantenne che abita alla Foce, certo non sarà un viaggio breve, per di più in pieno inverno, con il freddo e il traffico delle ore di punta. Mentre prima quando c’era il centro polispecialistico Pammatone lì vicino, era tutta un’altra cosa.
Adesso invece l’hanno chiuso - il 9 dicembre la cessazione ufficiale delle attività - con non poche ripercussioni per tutte le persone anziane e non della zona che erano abituate a frequentare questo centro ambulatoriale.
Ma il punto - oltre la scomodità di doversi recare in un’altra sede - è una questione di logica e oltre che di strategia economica. Nel senso che l’intero ambulatorio del Pammatone e il centro prelievi «due anni addietro o poco più sono stati completamenti ristrutturati in modo egregio. La mia domanda è quindi la seguente: se l’assessorato regionale alla Sanità aveva in programma di spostare Pammatone, perché ha disposto i lavori di ristrutturazione del complesso spendendo un monte di quattrini? Dove sta una serie programmazione pluriennale delle risorse?».
Vale la pena ricordare che il Pammatone nel 2001 era stato preso in gestione dal direttore generale del San Martino Gaetano Cosenza, con il via libera del governatore Biasotti e giunta con edificio, macchinari e attrezzature di proprietà di medicina Domani e il personale medico-sanitario del San Martino. Canone di affitto 2 milioni e 400mila euro all’anno, moltiplicato dieci anni, fanno 24 milioni di euro. A maggio è poi subentrata la Asl 3 con un accordo firmato dall’ex direttore Renata Canini. Ma appena finito il mandato, il suo successore Bedogni ha deciso di abbandonare i locali: «Troppo costosi, ci ritiriamo nei nostri uffici di Piazza Piccapietra».
Ora però si sarebbe aperto un contenzioso con Medicina Domani che chiede un indennizzo di due milioni.
Tra l’altro, quello di Pammatone non è certo l’unico esempio di ospedali e strutture ambulatoriali ristrutturate di fino e poi chiuse poco dopo, vedi Recco per dirne uno.
«Sono molto amareggiato - spiega Gianni Silvestri - Vorrà dire che per i miei prelievi andrò in una struttura convenzionata». L’alternativa sarebbe il Galliera, ma l’unico modo di arrivarci è prendere un taxi oppure fare tutta la scalinata dei giardini della Questura ma non sono molto ben frequentati. Poi, la fatica, le gambe molli.
«Se vado in una struttura convenzionata, fanno pagare la Regione. Allora si spende di più. Dovrebbero avere un minimo di programmazione. Anche perché per quei lavori hanno usato anche soldi miei.

Mi piacerebbe che Montaldo si degnasse di spiegare le ragioni di una scelta così. Non solo dicendo che è colpa dei taglia e del governo. Perché qualsiasi governo ci sia, bianco, rosso o verde, in questo caso si tratta soltanto di buttar via soldi».

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