Pannella vuole l’amnistia «Sciopero della fame contro questa sinistra»

Fassino, Rutelli e Prodi ancora non hanno risposto alla proposta dei Radicali per una marcia di Natale a Roma lanciata due settimane fa

Pannella vuole l’amnistia «Sciopero della fame contro questa sinistra»

Adalberto Signore

da Roma

Passati tre giorni, l’appello di Marco Pannella ai leader dell’Unione e alle organizzazioni sindacali resta ancora senza risposta. Mercoledì scorso, durante la trasmissione Radio Carcere, il leader radicale aveva infatti annunciato tre giorni di digiuno come iniziativa «di dialogo e di responsabilità per il mondo delle carceri e dei detenuti», in attesa di una risposta sulla sua proposta di organizzare una grande manifestazione di massa in favore dell’amnistia da tenersi a Roma il giorno di Natale. Un’iniziativa a cui Pannella pensa da tempo, almeno da quando - una ventina di giorni fa - il Parlamento ha approvato la ex Cirielli. Una legge che gli esponenti della Rosa nel pugno non hanno mai attaccato definendola «salva Previti» («un’inutile caccia alle streghe», dicono a Torre Argentina) ma sempre criticato per i suoi effetti sulle carceri. Secondo Pannella, infatti, si tratta di una vera e propria «amnistia di classe», perché solo chi può permettersi un avvocato capace riuscirà a beneficiare della riduzione dei tempi di prescrizione. E allora - è il ragionamento del leader radicale - che l’amnistia si faccia per tutti.
Sulla marcia di Natale, però, almeno per il momento i Radicali non trovano l’appoggiato sperato. Adesioni importanti nell’Unione ce ne sono state, e anche molte. Ma né Piero Fassino, né Francesco Rutelli, né Romano Prodi si sono ancora pronunciati sulla vicenda, preferendo evidentemente prendere tempo. Una scelta, peraltro, in controtendenza rispetto alle decisioni che si stanno prendendo nei seminari dove l’Unione elabora il programma di governo da presentare alle prossime elezioni. Al tavolo programmatico sulla Giustizia (a cui siedono tra gli altri Francesco Bonito per i Ds, Tiziano Treu per la Margherita, Giuliano Pisapia per Rifondazione e Enrico Buemi per Radicali e Sdi) si è infatti deciso senza alcuna incertezza che l’amnistia sarà la prima riforma in materia di Giustizia su cui si concentrerà l’Unione se andrà al governo. Una riduzione della popolazione carceraria - è stato il ragionamento su cui tutti hanno convenuto - è il presupposto di qualsiasi riforma del processo, penale e civile. E solo perché l’amnistia «non è un provvedimento del governo ma del Parlamento dove peraltro si deve trovare una convergenza con l’opposizione» (serve la maggioranza di due terzi) si è deciso di non metterlo nero su bianco nella bozza del programma.
Così, non è un caso che all’appello di Pannella abbiano già risposto quasi tutti i responsabili Giustizia dei partiti dell’Unione. Massimo Brutti ha dato «la disponibilità» dei Ds, Giuseppe Fanfani (Margherita) ha persino rilanciato annunciando ai microfoni di Radio Radicale la presentazione di una proposta di legge per «l’indulto modulato», Pisapia ha definito il provvedimento «assolutamente urgente» e Alfonso Pecoraro Scanio ha dato il placet dei Verdi. Insomma, sulla carta tutti d’accordo. Salvo il silenzio dei leader, che dopo due settimane di attesa ha provocato la reazione di Pannella. Così, dopo aver tentato un approccio sabato scorso (da Fassino «vorremmo un bigliettino da visita, una telefonata», aveva ironizzato), mercoledì ha annunciato i tre giorni di digiuno che inizieranno domani sera. Certo, il leader radicale la definisce una «iniziativa di dialogo», ma qualche fastidio tra i Radicali deve serpeggiare se ieri Sergio D’Elia ha rincarato la dose con una sorta di ultimatum. «Alla domanda che da almeno tre settimane Pannella sta rivolgendo a Prodi, Fassino, Epifani, Pezzotta e Angeletti - dice l’esponente radicale e segretario dell’associazione Nessuno tocchi Caino - nessuno ha finora dato risposta. Se non giunge nelle prossime ore, deve essere chiaro che la marcia di Natale non si farà».

Perché - spiega D’Elia - non basta aderire generalmente all’appello se poi «i responsabili delle organizzazioni politiche e sindacali che in questi anni si sono specializzate nella convocazione delle grandi manifestazioni di massa» non si vogliono mobilitare.

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