Il papà del Dragun salpa per sempre

(...) se n’è andato ieri mattina, proprio il giorno in cui la sua biografia veniva messa in stampa. Proprio così, se Ido Battistoni, l’artefice della leggenda del «Dragun», la famosa imbarcazione il cui nome, ispirato al castello della Dragonara arroccato sulle alture di Camogli, e divenuto ormai quasi un simbolo per la cittadina rivierasca, avesse aspettato ancora un mesetto prima di salpare per il suo ultimo viaggio, avrebbe avuto la soddisfazione di ripercorrere le avventure marinaresche della sua celebre creazione nelle pagine del libro che l’autore Silvio Ferrari gli ha dedicato. «L’uomo e il Dragun», questo il titolo del volume, campeggerà infatti sugli scaffali delle librerie entro i prossimi due mesi, essendo attualmente in stampa. Ma Ido ha avuto fretta di prendere il largo da una vita vissuta all’insegna delle emozioni. Emozioni che cominciarono a prendere forma nei «favolosi anni ’60», quando, dopo un’infanzia poverissima e costellata di difficoltà, il talento di questo ragazzino che sbarcava il lunario facendo il bagnino sul litorale camogliese, venne notato dai primi imprenditori danarosi che cominciarono a commissionargli la costruzione di barche. Non trascorrono otto anni che le prime emozioni si concretizzano in un progetto dall’esito imprevedibile, presentatosi sotto le mentite spoglie di una vecchia scialuppa, che il Battistone acquistò per la modesta cifra di 300.000 lire, corrispondenti pressapoco a 1.500 euro attuali, e che, con la bacchetta magica del suo innato talento, trasformò in uno splendido «sciabecco piratesco» a due vele e dodici remi. Inizialmente questa testimonianza tangibile di arte coniugata alla scienza, si accontentò di solcare i mari antistanti il litorale ligure, ma ben presto, Ido Battistoni, come tutti i padri che si rispettino, man mano che il tempo passava e la sua creatura diventava adulta, cominciò a prospettare per lei un futuro di maggiori successi e soddisfazioni. La prima traversata «da grande» del Dragun risale al 1976, quando lo storico sciabecco percorse i fiumi Ticino e Po, coprendo la distanza tra Pavia e Venezia. Da allora i viaggi del Dragun, sempre capitanato dal Battistoni, si fecero sempre più arditi e spettacolari. Ricordiamo quando nel 1985 l’imbarcazione camoglina percorse il fiume Hudson da Oswego a New York come ambasciatrice dell’Unicef, o quando, nel 2001, l’equipaggio del Dragun percorse a forza di braccia 249 km lungo l’estuario della Garonna.
Ma il vero miracolo del Dragun, il motivo per cui è divenuto un po’ il simbolo della cittadina del levante ligure che gli ha dato i natali, è da ricercarsi nel suo equipaggio. Intere generazioni di camogliesi, padri e figli e nonni addirittura che hanno remato spalla a spalla sulla stessa barca, basti pensare che i natali del rematore più anziano risalgono addirittura al 1921, mentre quelli del più giovane al 1990.

Oggi il Dragun è ormeggiato, come sempre, nel porticciolo della sua Camogli, in attesa di altre avventure che, anche se vissute senza il suo storico creatore e conduttore, non si prevedono per questo meno emozionanti di sempre.

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