Parla milanese il papà del Risiko moderno. "È guerra, ma tattica"

Albertarelli ha creato le edizioni recenti: "Giocare a combattere? È catartico"

Parla milanese il papà del Risiko moderno. "È guerra, ma tattica"
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Chi l'avrebbe detto: il "papà" di Risiko ha l'accento milanese. Tuttavia lui preferisce definirsi lo "zio" perché la vera paternità spetta al regista francese Albert Lamorisse. Fu Lamorisse, nel 1954, a inventare uno dei più famosi giochi da tavolo, il Risiko, chiamandolo La conquête du Monde. Il nostro, il milanese Spartaco Albertarelli, professione game designer, ha progettato le successive 15 edizioni speciali, più l'ultima nata che porta il nome di Alleanze segrete.

Prima di porgergli la domanda più ovvia - come si può pensare di regalare un gioco di guerra oggi scopriamo che il governo francese valutò sconveniente il nome scelto da Lamorisse "perché Hitler era morto soltanto 9 anni prima". Si decise per Risk che l'Italia trasformò poi in Risiko. "Ogni Paese trasmette la propria cultura nei giochi da tavolo, nell'edizione francese compaiono i fanti napoleonici, da noi ci sono i carrarmatini in plastica, inconfondibili e riconosciuti da tutte le generazioni". Che però nella nuova edizione sono scomparsi assieme ai dadi "Sì, in Alleanze segrete si usano le carte. Per onor di cronaca devo dire che, in questo caso, ho sviluppato l'idea che mi è stata data dalla Spin Master (la multinazionale canadese che nel 2016 ha acquistato la Editrice Giochi) che era quella di fondere insieme aspetti del Risiko e altri della Briscola chiamata. Fino alla fine del gioco nessun partecipante è in grado di distinguere un alleato da un nemico, l'ambientazione è quella del Rinascimento italiano, cinque casate si contendono il territorio, un'immensa isola con castelli e cavalieri". Insomma, si combatte. "Sì, ma con strategia e con intelligenza. Se guardiamo ai delitti allora va detto che si fanno anche negli scacchi, l'obbiettivo è far fuori la regina, infatti Scacco matto è l'italianizzazione dello spagnolo matar, uccisione, parola che esprime lo stesso concetto persiano (gli scacchi sono nati in Persia)".

Si capisce che Albertarelli non progetterebbe una versione politically correct. "Non cambierei nemmeno le favole classiche e le tragedie greche perché vi è un valore catartico nel mettere in scena i drammi e la violenza, vederli rappresentati ci aiuta a distinguere il bene dal male. Se guardiamo i bambini giocare li vediamo interpretare i diversi ruoli e rispettare le regole, il tutto avviene nello spazio-gioco. Altrimenti dovremmo pensare a un esperto di Monopoli che sottrae risparmi ai conoscenti...". Ogni gioco da tavolo rispecchia il Paese di provenienza, "Cluedo poteva venire in mente solo agli inglesi, Monopoli agli americani. Perfino gli antichi egizi valorizzavano il gioco da tavolo. Nel settimo libro delle preghiere dei morti è riportato che il Faraone deve imparare le regole di un preciso gioco, il Senet, altrimenti la sua anima non saprebbe reincarnarsi. Motivo per cui gli archeologi hanno trovato tre tavolieri nella tomba di Tutankamon. I geroglifici raffigurano i faraoni mentre giocano, lanciano dadi e pedine (le regole precise non sono state ricostruite) ma non si sa con chi giocassero (con il destino?). Si vede la favorita appoggiare una mano sulla spalla del sovrano e il gesto è stato visto come condizione per poter giocare. Una curiosità.

L'unica donna ad essere creduta la reincarnazione di una divinità è stata Nefertari che ebbe il merito di salvare l'Egitto con la sua diplomazia durante il regno di Ramses II. È ritratta giocare da sola, senza alcuna mano maschile sulla spalla".

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