La sindrome di Calimero che colpisce l'opposizione

Renzi ha definito Giorgia Meloni "un incrocio ormai abituale tra Wonderwoman e Calimero", soprattutto per "quel sottile, costante, reiterato vittimismo per cui tutti ce l'hanno con lei e comunque a prescindere"

La sindrome di Calimero che colpisce l'opposizione
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Tre presidenti del Consiglio e un pulcino nero con mezzo guscio d'uovo in testa e una vocetta incrinata dal pianto. Era dai tempi di Carosello - il glorioso programma Rai di spot pubblicitari - che non si parlava di Calimero e delle sue disavventure a lieto fine narrate per promuovere un detersivo.

Tra la guerra in Medioriente, l'invasione dell'Ucraina e la manovra economica, Giorgia Meloni ha trascorso - suo malgrado - una giornata in Parlamento all'insegna del tenero personaggio di un cartone animato dell'Italia in bianco e nero. Matteo Renzi, nel suo intervento al Senato, ha definito la premier «un incrocio ormai abituale tra Wonderwoman e Calimero», soprattutto per «quel sottile, costante, reiterato vittimismo per cui tutti ce l'hanno con lei e comunque a prescindere».

E alla Camera, al passaggio successivo della presidente del Consiglio per le comunicazioni all'aula, il leader M5s Giuseppe Conte ha tuonato: «Basta con il vittimismo complottista, si tolga il guscio di Calimero. Gli italiani l'hanno eletta per governare, governi se è capace». Umoristico anche il sotterraneo duello a distanza tra i due precedessori della Meloni a Palazzo Chigi per rivendicare la primogenitura della battuta, indubbiamente attribuibile al leader di Italia Viva.

Da «Ducetta» a Calimero, colpisce l'immaginario collettivo il riferimento al pulcino lamentoso, vessato un po' da tutti, che negli anni '60 e '70 mandava a letto i piccini davanti alla tv al grido esasperato: «È un'ingiustizia però...».

Forse Calimero rappresentava un'avanguardia bonaria dell'emarginazione giovanile, la metafora del diverso (il colore scuro) costretto a subire prevaricazioni più o meno immaginarie.

Il politicamente corretto, che tutto riscrive per cancellare il passato, oggi non consentirebbe di ripetere il vero refrain che ha reso immortale Calimero al culmine dei suoi sfoghi accorati: «Solo perché sono piccolo e nero...». Chissà se Renzi e Conte si sono autocensurati o non si ricordavano più la battuta fuori tempo.

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