La sinistra è pronta alla piazza per la sanità e sullo "zero emandamenti" evoca il regime

Il Pd: "Scelte senza visione, con la procedura scelta il governo umilia le Camere"

La sinistra è pronta alla piazza per la sanità e sullo "zero emandamenti" evoca il regime
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«Una manovra non all'altezza della situazione, e priva di visione strategica», è la bocciatura di Elly Schelin a pochi minuti dalla conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui la premier ha annunciato il via libera alla legge di bilancio. Ed è più o meno il leit motiv di tutta l'apposizione, che concentra le critiche soprattutto sulla scarsità di risorse al capitolo Sanità, che del resto è al centro dell'unica potenziale iniziativa unitaria del centrosinistra, nonché della manifestazione convocata dal Pd per l'11 novembre.

Anche se proprio sui fondi alla Sanità ci sono voci più ottimiste anche dal centrosinistra: «Avere tre miliardi in più è una boccata di ossigeno», dice ad esempio il governatore della Toscana Eugenio Giani. Ma solo a patto che «siano risorse aggiuntive vere». Ipotesi negata da Carlo Calenda: «È il gioco delle tre carte - afferma il leader di Azione - gli annunciati 3 miliardi sono già totalmente impegnati per i rinnovi contrattuali dei medici e il payback dei dispositivi. Non c'è alcuna risorsa aggiuntiva, anzi: al netto dell'inflazione, i fondi stanziati calano». Ma l'attacco delle opposizioni si concentra soprattutto su un tema: l'auspicio, da parte del governo, che non ci sia il consueto assalto alla diligenza della Finanziaria, e che quindi, come ha detto Giorgia Meloni, la maggioranza resti «coesa» e gli emendamenti da parte del centrodestra siano «ridotti al minimo». Invito accolto finora dal centrodestra, ma bollato da sinistra come una «cancellazione» del Parlamento. «Una follia senza precedenti, un'umiliazione che certificherebbe la totale irrilevanza dei parlamentari di centrodestra», tuona il responsabile economico del Pd Antonio Misiani. Per il radicale Riccardo Magi di +Europa si tratterebbe addirittura di «inchiodare il coperchio sulla bara del Parlamento».

Il capogruppo dei senatori dem Francesco Boccia denuncia: «La richiesta di non presentare emendamenti è un segnale di estrema debolezza, l'ennesima dimostrazione che per il centrodestra il Parlamento è inutile». La verità, assicurano dal Pd, «è che a Salvini, per tenerlo buono, si è consentito di intestarsi due bluff: il taglio del canone Rai, che sarà rimpiazzato dalla fiscalità generale, e i fondi farlocchi per il ponte di Messina. In cambio, la maggioranza - Lega inclusa - dovrà votare la manovra senza emendamenti e anche ingoiare il Mes, su cui il governo ha esaurito alibi e rinvii». Quando a novembre la manovra approderà in Senato, le opposizioni tenteranno di fare fronte comune, almeno su alcuni temi (sanità in testa).

Ma non sarà facile: il grillino Giuseppe Conte ha già dato mandato ai suoi di impostare la battaglia contro «la corsa al riarmo» e le spese per la Difesa, con l'obiettivo di mettere in difficoltà il Pd e di usare la bandierina pacifista, in vista delle Europee, contro la Schlein «atlantista e con l'elmetto».

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