Parlato manda in fumo democrazia e tolleranza

Per la serie «il mondo alla rovescia», segnalo a tutti coloro che insistono a considerare noi non fumatori alla stregua di arroganti proibizionisti le dichiarazioni rilasciate al Corriere da quel rispettoso tabagista che è Valentino Parlato. Il quale, orgoglioso di pipparsi tre pacchetti al giorno (e fin qui sono fatti suoi), spiega nell’ordine: 1) che se ne frega dei cartelli - lui li chiama tazebao per antico riflesso maoista - attaccati nella redazione del manifesto; 2) che «la trasgressione, come ogni altra cosa, qui da noi al manifesto è democratica»; 3) che «ovviamente e soprattutto» ha continuato a fumare imperterrito nelle case degli amici, altrimenti non sarebbero suoi amici; 4) che «gli intolleranti», cioè i non fumatori, sono dei «selvaggi fanatici».
Ora, non entro nel merito delle «statistiche fumose» smantellate dall’amico Filippo Facci su queste colonne. Lui sostiene che la legge Sirchia «ha ridonato un fascino carbonaro a un’abitudine che si avviava a diventare una nevrosi da sfigati». Sarà. Resta il fatto che il sottoscritto, non avendo mai fumato in vita sua, ha cominciato a respirare meglio da quando bar, pub, ristoranti e sale d’aspetto sono interdetti ai fumatori. E non parlo degli abiti che fino a un anno fa dovevo depositare sul terrazzo, per tutta la notte, affinché si depurassero della puzza.

Ciò nonostante, se un amico mi chiede di fumare «una sigaretta» in casa, io dico sì senza farlo tanto pesare, ma sapendo che non sarà mai una. Per il semplice motivo che i fumatori, tutti, non riescono proprio a contenersi. Chi è, allora, l’intollerante?

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