Milano - "Sono inconsapevole della grande truffa perpetrata ai danni dei risparmiatori". Calisto Tanzi ex patron di Parmalat e imputato per aggiotaggio, ostacolo all’attività degli organi di vigilanza e concorso in falso dei revisori, è arrivato al Palazzo di giustizia di Milano per rendere dichiarazioni spontanee in aula, al processo per il crack dell’azienda di Collecchio. Per Tanzi la procura ha chiesto 13 anni di reclusione.
L'arrivo in aula "Mai ho avuto la consapevolezza di aver ideato la grande truffa", ha detto l’ex patron di Parmalat parlando anche dei soldi che diede ad alcuni esponenti politici. "Si trattò di un mio contributo alle idee oppure di un’attività di lobbing in alcuni casi". Tanzi ha spiegato che in relazione a questi versamenti non possiede documenti perchè si trattava di contributi dati in contanti. L’ex patron comunque ha precisato che quei versamenti furono ritenuti penalmente irrilevanti. Tanzi ha parlato anche della sua "fuga" in Ecuador spiegando: "L’Ecuador non è un paradiso fiscale da dove fare movimentazioni di denaro ma solo un luogo in cui mi ritirai per riordinare le idee prima di presentarmi davanti ai magistrati". Per l’ennesima volta Tanzi ha spiegato: "Non esiste un tesoro di Calisto Tanzi, quello che avevo l’ho messo a disposizione per i risarcimenti". Difendendosi dall’accusa di aggiotaggio, l’ex titolare del gruppo agroalimentare ha ricordato: "I comunicati al mercato venivano preparati con i dirigenti delle singole banche. Bank of America non sollevò obiezioni sulle mancate iscrizioni a bilancio dei private statement". Tanzi ha negato di essere stato reticente nella ricostruzione dei fatti aggiungendo che anche dopo il fallimento del bond nel marzo 2003 il suo gruppo venne ancora finanziato dalle banche.
I finanziatori e il crack "Oggi sono giunto al convincimento, è ovviamente una mia personale deduzione, che già a decorrere da quegli anni, siamo nel 1994-95, chi finanziasse o meglio facesse ottenere finanziamenti a Parmalat dal mercato, potesse avere forti dubbi sulle reali condizioni patrimoniali e finanziarie della Parmalat". Tanzi che non ha esitato ad attaccare il mondo bancario, in particolare Bank of America, ha però spiegato che "chi ha introdotto Parmalat nel mondo bond è stata Chase, in persona del suo responsabile in Italia". Il rapporto con l’istituto di credito, ha ricordato ai giudici, iniziò dopo la quotazioni in borsa del gruppo nel 1990 e dal ’96 in poi "Chase non ci erogò più, ne sono quasi certo", finanziamenti in forma tradizionale. "Il responsabile per l’Italia - ha proseguito Tanzi - mi comunicò che non si fidava più dei nostri bilanci, e che pertanto la banca ci avrebbe finanziato o meglio avrebbe fatto avere i finanziamenti solo attraverso finanza alternativa bond o private placement". L’ex proprietario del gruppo ha inoltre aggiunto che alla luce di tutto ciò sono nati i rapporti con Bank of America. Anche quest’istituto di credito, ha continuato Tanzi, proponeva solo strumenti di finanza alternativa e non era disposta ad effettuare i finanziamenti diretti "in considerazione della situazione finanziaria di Parmalat ed in considerazione degli elevati importati che a noi erano necessari". L’ex patron ha ribadito che comunque chi intratteneva il rapporto con l’istituto di credito americano erano Fausto Tonna, direttore finanziario, e l’avvocato Giampaolo Zini. I due ex manager per Tanzi "avrebbero dovuto essere in grado di ricostruire il complessivo quadro nel quale è avvenuta la comunicazione di Parmalat e di quanto possa essere stato concordato con i funzionari degli istituti di credito".
In un altro passaggio invece Tanzi, rivolgendosi al tribunale e riferendosi a chi ha "subito danni" dal suo comportamento ha ripetuto: "Non vi erano e non vi sono capitali che avrai dovuto movimentare e occultare. Non esiste un tesoro di Calisto Tanzi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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