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Parte lo scontro per la Corte suprema Usa

Fu il suo voto a determinare la vittoria di Bush alle contestate elezioni del 2000

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

La grande battaglia per la Corte Suprema si è messa in moto con anticipo. Tutti si aspettavano che il primo fra i nove giudici nominati a vita a ritirarsi fosse il Chief Justice, William Rehnquist, il più vecchio e da tempo malato di cancro. Invece lo ha preceduto la settantacinquenne Sandra Day O’Connor e la sua partenza non solo anticipa i tempi di una decisione ma la rende più acuta e, in ogni caso, più controversa. In una Corte Suprema divisa grosso modo in cinque «conservatori» e quattro «liberali» la O’Connor ha costituito infatti, nei suoi ventiquattro anni in officio, l’elemento di perenne incertezza e, spesso, l’ago della bilancia.
Le sue origini la ponevano saldamente in campo conservatore: nata in Arizona, nominata da Ronald Reagan, presentata e appoggiata da Barry Goldwater, il «nonno» della rinnovata Destra americana. Ma di quest’ultimo la O’Connor ha sempre conservato, almeno in parte, le inclinazioni libertarie, mentre il movimento conservatore Usa si evolveva sempre di più verso un moralismo «law and order» con crescente influsso della Destra Cristiana. Per questo alcune sue decisioni hanno spesso sorpreso i suoi sostenitori originali, particolarmente nelle cause riguardanti l’aborto. Senza la O’Connor, probabilmente, la Corte avrebbe sancito restrizioni ispirate al movimento «pro life» e aperto la strada a una revisione del diritto alla interruzione volontaria della maternità. Ma anche su altri temi il voto della O’Connor ha costituito un elemento di incertezza e, dunque, di equilibrio.
Ciò non toglie che il suo orientamento generale sia rimasto conservatore. Basti ricordare che fu il suo voto a decidere chi doveva diventare presidente degli Stati Uniti nel 2000, dopo che una serie di contestazioni e sentenze di vari gradi giudiziari avevano fatto rimbalzare per mesi la vittoria fra George Bush e il candidato democratico Albert Gore. Il voto finale fu cinque a quattro e, se Sandra avesse deciso in altro modo, la storia d’America avrebbe potuto essere molto diversa, e così forse quella del mondo. Da allora il potere di Bush, dei repubblicani, della destra in genere e dei gruppi evangelici in particolare, non ha fatto che crescere. Il partito del presidente controlla entrambi i rami del Congresso ed è quindi quasi scontato che Bush sceglierà un successore meno imprevedibile della O’Connor. Egli l’ha caldamente elogiata all’annuncio del suo ritiro, definendola fra l’altro «un giudice coscienzioso e di totale integrità» e preannunciando che proporrà che prenda il suo posto un magistrato che «interpreti fedelmente le leggi». Una parafrasi della definizione classica dei conservatori: un giudice deve «applicare la legge, non legiferare».
Il nome sarà reso noto dalla Casa Bianca subito dopo il rientro di Bush dalla Scozia, dove fra il 6 e l’8 luglio si svolgerà l’annuale vertice G8. Non sarebbe facile, anche se lo si volesse davvero, trovare un’altra O’Connor. La sua ultima decisione è stata una perdente, cioè una delle quattro voci sconfitte dalle cinque di una maggioranza «liberale».

Riguarda il permesso acquisito dai governi locali di sequestrare proprietà private per incentivare il business.

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