Niente dimissioni, nessun «passo indietro». Chiuso nella ridotta di Palazzo Koch, Antonio Fazio resiste al pressing del Quirinale, di Palazzo Chigi, di tre quarti del Parlamento. E resistono anche gli uomini dellinfluente partito fazista italiano, i mohicani di don Antonio. Gli amici del governatore esplodono le ultime pallottole, ma, come i giapponesi delle isole del Pacifico, rischiano di trovarsi a sparare ancora mentre la guerra è già finita.
Il Paf è una pattuglia trasversale e molto compatta. Cè ovviamente la Lega, che da settimane difende Via Nazionale. «Ora Fazio sta provando cosa significa proteggere gli interessi del nord», sostiene Giancarlo Giorgetti, presidente della commissione Bilancio della Camera e delfino di Bossi. Cè Rocco Buttiglione, che sotto gli attacchi a Fazio ipotizza un complotto anticattolico: «Anche chi non crede che ci sia una manovra precisa - dice il ministro dei Beni culturali - davanti a questa campagna e a certi articoli è portato a pensare che almeno del livore cè. E chi ha a cuore un corretto equilibrio istituzionale non può non rimanere perplesso. La Banca dItalia fa parte del sistema europeo regolato da norme precise che hanno come finalità fondamentale quella di proteggere la sua indipendenza dalle ingerenze della politica». Cè Pierluigi Bersani, secondo il quale il passo indietro «è desiderabile e utile» ma «dare le dimissioni adesso per Fazio sarebbe come cedere a una confusa canea». E cè pure Gianfranco Rotondi, segretario della Dc: «Basta sparare su Fazio. Lo difendiamo perchè lItalia è uno Stato di diritto e non la Repubblica delle banane».
Ma la vera «voce politica» di don Antonio, il parlamentare più vicino a Palazzo Koch, è senzaltro Luigi Grillo, senatore di Forza Italia. È lui che raccoglie gli umori del governatore, è lui la cinghia di trasmissione con gli altri palazzi. Grillo, come continua a fare catenaccio: «Dietro lattacco al governatore - dice - cè la mano della Confindustria e dei suoi giornali, questa campagna denigratoria deve assolutamente cessare». Di andarsene, spiega, Fazio non ha alcuna intenzione: «Lautosospensione è una cosa che non ha alcun fondamento giuridico».
E anche per Carlo Giovanardi «Fazio non è responsabile di nulla». Perciò, insiste il ministro per i Rapporti con il Parlamento, «le sue dimissioni imposte sarebbero un atto brutale, unintromissione della politica nellautonomia della Banca dItalia: tutto ciò mi riporta alla mente quello che succedeva durante il fascismo, o nelle pagine buie del caso Leone». Insomma, il governatore deve lasciare «solo dopo la riforma». Lex Udc Raffaele Lombardo, leader del movimento per lautonomia, è daccordo: «I cosiddetti poteri forti non hanno mai tollerato lautonomia del governatore. Intervenga il presidente del Consiglio per porre fine alla vergognosa aggressione mediatica contro Fazio».
E se pure Fini chiede che Fazio esca di scena, secondo Pietro Armani, An, presidente della commissione Ambiente della Camera, don Antonio «fa bene a resistere perchè i rilievi penali contro di lui sono insussistenti».
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