Per proteggersi dai comunisti armati delle BR, girava con la pistola e si era comprato, di tasca sua, un'Alfa Romeo blindata.
Gli scioperi dei servizi pubblici e i disagi per i cittadini non gli piacevano. Quando era in Comune, come al ministero, faceva rigare tutti dritti al lavoro.
Gli scansafatiche ne avevano quasi il terrore. E così, quando intorno agli anni Cinquanta e Sessanta era assessore a Palazzo Tursi e si muovevano le prime proteste per le buste paga, il senatore Carlo Pastorino non ci pensò tanto su per muoversi a favore dei genovesi e delle classi più deboli.
Gli autisti dell'Amt incrociarono le braccia improvvisamente e lui si espose in prima persona per dare una mano a lavoratori, studenti, pendolari, donne e bambini che dovevano raggiungere la fabbrica o gli uffici, la scuola o l'università, gli ospedali e le chiese. In pochi minuti, si mise d'accordo con il Comando dell'esercito e fece uscire i camion dalle caserme. I soldati disarmati al posto delle divise Amt, che rimasero a bocca aperta e beffati, ma non osarono provocare tumulti e quindi tornarono a lavorare.
«Ce ne fossero ancora di quelli come il senatore - ricorda il democristiano Tullio Mazzolino, suo braccio destro per 30 anni - ero un ragazzo e arrivavo a Genova da Busalla. Nel 1958 in molti si spostavano con i mezzi pubblici. Solo che quelli dell'Amt fecero uno sciopero a bruciapelo. Quella mattina a Principe c'erano centinaia di persone a piedi: donne, bambini, lavoratori, studenti. Uscirono i camion dalle caserme. I disagi furono scongiurati e ad avere la meglio fu la cittadinanza. A fare quella specie di miracolo fu l'assessore Pastorino. Uno che è sempre stato dalla parte dei genovesi, ma che ha sempre arricciato il naso per le ingiustizie».
Insomma, un duro, ma con un cuore grande così. Raccolte di beneficenza, impegno per gli ospedali della sua Genova. Una mano tesa agli anziani, ma anche con il dito pronto a sparare sul grilletto. Per difesa, ovvio, in quei bui anni di piombo, dove i terroristi rossi stavano crescendo con violenza nella culla delle facoltà universitarie e delle fabbriche genovesi, diventate poi la bara delle BR, ma soltanto dopo l'omicidio del «compagno» sindacalista Guido Rossa.
«Pastorino - prosegue Mazzolino - abitava in viale Causa in Albaro, a due passi da dove avevano ammazzato addirittura un generale dei carabinieri. Usciva di casa e quindi entrava a Palazzo Tursi e poi nei palazzi romani, armato di pistola. Viaggiava su un'Alfa Romeo blindata, che si era pagata con i suoi soldi. Il pericolo di attentati era all'ordine del giorno. Avevo pure dei fiancheggiatori o simpatizzanti BR sotto casa mia. Brutti tempi per Genova e per il Paese. Pastorino aveva deciso di usare l'autista e l'auto di servizio, solo quando era diventato ministro. Mi ricordo che, quando le Brigate Rosse avevano gambizzato il segretario amministrativo DC Giancarlo Dagnino, il senatore interruppe subito una riunione e andammo a trovare l'amico ferito al San Martino, in preda alla paura per un altro attentato.
Ieri soltanto un minuto di silenzio in Consiglio Regionale e poche righe del presidente Rosario Monteleone (Udc).
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