Le patacche cadenti nel firmamento del Duemiladieci

Caro Granzotto, e adesso? Come entrare nel nuovo anno, fiduciosi o sospettosi? Nel 2010 è successo di tutto, dalle escort a Marchionne, dal tradimento dei finiani alla riforma Gelmini. Quelli che lei chiama i repubblicones hanno gufato fino all’inverosimile, Silvio Berlusconi non ha mai allentato il suo ottimismo. Vendola parla a vanvera, le donne del Pdl piangono, si dimettono e ci ripensano. Per venire al privato, a Natale un colpo della strega mi ha piegato e lasciato in due, però tre giorni prima mia figlia mi ha fatto il più bel regalo che si possa avere, una nipotina. Mi dica lei, mi giro dall’altra parte e seguito a dormire o mi alzo e sorrido felice a 2011?
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Buona la seconda, gentile e simpatica lettrice. Quello che ci siamo lasciati alle spalle non è stato l’annus così horribilis che i repubblicones, i compagni dell’Unità, i manettari del Fatto, i Santoro, i Lerner, i Fazio e la truppa cammellata di Sky pretendono. Sarà stato caso mai orribile per loro, che ne hanno avuto solo delusioni, amarezze, frustrazioni e non pochi smacchi. Del vecchio anno, quello che ci apprestiamo a vivere si porta in spalla per lo più il buono e questo è motivo di sollievo. Liberatici del grosso della zavorra, avremo passo più leggero e spedito. Vede, il bello di questi tempi è la repentinità con la quale, dopo aver preso corpo, le patacche sono smascherate. Patacche ideologiche, patacche culturali e patacche umane. Il 2010 s’è scrollato di dosso la bufala del riscaldamento globale, alla quale l’opinione pubblica aveva abboccato come il cefalo all’amo, ad esempio. O la balla di un Obama dal tocco magico che tricchete tracchete ti avrebbe cambiato il mondo, facendovi regnare la pace pacifista e il fandango multietnico (e, per gli obamiani di casa nostra, costretto Silvio Berlusconi a ritirarsi in una casa di riposo in Riviera). Anche nel nostro piccolo, il tempo ha lavorato in fretta, gentile lettrice. I Fini e i Bocchino, ma anche i Vendola e la cattomossesualità, i Di Pietro e la questione morale «escluso i presenti», i Saviano e la mafia leghista, i capi bastone dell’Onda, i sindacalisti con l’orologio indietro di vent’anni... materiale sulla via dell’archiviazione, gente che se non s’è tolta dovrà togliersi di mezzo, chi per ingegno sterile e tam pusillis quam animi (Seneca: ci sta bene un tocco culturale a inizio anno), chi per smodata ambizione non sostenuta da adeguato pensiero, e intelligenza politica, chi proprio perché fesso che più fesso non si può.
Anche a costo di sembrarle ingeneroso, le dirò, gentile lettrice, che ciò che in ogni modo mi rende felice e spensierata la notte di San Silvestro è una ricorrente circostanza. Sappia infatti che da un bel po’ la festeggio a botti di champagne alla faccia di coloro che vorrebbero - campa cavallo - fare altrettanto per salutare il primo anno «deberlusconizzato». Non è più questione di appartenenza politica, di destra o sinistra: è diventato tifo. Semplice, elettrizzante tifo. E allo scoccare della mezzanotte parte un poco elegante, ma sincero, uscito dal cuore: «Tié!» all’indirizzo della squadra avversa che dal 1993 tutte le prova, ma proprio tutte, financo la santificazione delle baldracche, financo i brulotti finobocchiniani, per fare gol. E ogni volta, toppa.

Quello di venerdì scorso è stato il diciassettesimo, liberatorio, festoso: «Tié!». E per la squadra avversa la diciassettesima umiliante nespola. Ma secondo lei, come l’avranno, dopo diciassette anni di batoste, il fegato? Grosso come una casa? Come un quartierino a Montecarlo?
Paolo Granzotto

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