Roma Vertigini di giorno, insonnia di notte. Una vitaccia quella del ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, proprietario dell’ormai celebre appartamento di 109 mq acquistato a 177mila euro in via di Colle Oppio 12, con il Colosseo in faccia. O meglio, di sguincio. «Scorgere il Colosseo richiederebbe operazioni inconcepibili per chi, come me, soffre di vertigini», come scrive in una delle sue tante accorate difese pubblicate in questi giorni dai quotidiani. In questo caso è il Fatto Quotidiano, a cui il ministro ha inviato una lettera nella quale si dice offeso dall’essere accostato ad altri ministri finiti nella bufera per vicende di mattoni. «E non so - butta là Patroni Griffi - quanto sia corretto richiamarle per poi precisare che non c’entrano nulla».
Facciamo così. Non richiamiamola proprio quella vicenda di una casa al Colosseo che a un ministro del governo Berlusconi costò le dimissioni. Ecco, dimissioni. Altra parola che Patroni Griffi non vuole sentire pronunciare. «Non ho mai preso in considerazione l’ipotesi di dimettermi», ha detto forte e chiaro ieri, riferendosi a una intervista a Repubblica (da lui nel complesso definita «corretta») nella quale lui avrebbe ammesso che sì, un pensierino a lasciare il dicastero l’aveva fatta.
«Per quanto mi riguarda - taglia corto Patroni Griffi con un tono sentenzioso che gli viene dal suo passato di magistrato - considero perciò chiusa una vicenda che non presenta alcun elemento di illecito né di immoralità e che ho già abbondantemente e definitivamente chiarito e sulla quale non intendo tornare più». Manca solo lo schiocco del martelletto.
Ora, qui non è solo questione di opportunità, di etica applicata alla politica (questa poi...), di coerenza. È proprio questione di sopravvivenza del governo Monti. Perché il ministro Patroni Griffi, da quando è scoppiata questa grana, non è più lo stesso: «Non dormo più bene - confessa ad Antonello Caporale di Repubblica - e non mi concentro. Devo fare il ministro e non lo sto facendo come dovrei. Penso solo alla casa, a questa benedetta casa». Si consoli, il ministro. Non è l’unico a dibattersi con questo cruccio: con lui ci sono senzatetto, inquilini sotto sfratto e lavoratori che non sanno se riusciranno a onorare la prossima rata del mutuo. E loro non si possono nemmeno consolare - naturalmente se non soffrono di vertigini - dando una sbirciata all’Anfiteatro Flavio.
Perché si sa, la storia e la bellezza sono due panacee.
Del resto, che avete capito? Patroni Griffi non agì per suo tornaconto quando si adoperò per capire se quell’immobile in via di Colle Oppio potesse essere derubricato da immobile di pregio a immobile degradato, condizione sine qua non per applicare alla vendita gli sconti di legge del 30 per cento più un altro 13 per vendite in blocco. Lo fece perché lui sì, avrebbe potuto acquistare l’immobile anche a prezzo base ma «non tutti gli inquilini versavano nella mia stessa condizione». Sarà per questa generosità di fondo che ora Patroni Griffi gioca a fare la vittima. «Mi stupisco ogni giorno di più - ammette ancora a Repubblica - è uno stress per me sconosciuto. Stanotte ho dormito tre ore. Me lo avessero detto prima...».
Glielo avessero detto prima avrebbe rinunciato all’affare. «Ma cosa potevo saperne io che sarei diventato ministro». Già, come poteva saperne. Però in fondo nel 2008, quando l’affare si concluse, Patroni Griffi non era uno qualsiasi: presidente di sezione del Consiglio di Stato, nonché capo di gabinetto praticamente in tutti gli ultimi governi. Due incarichi, due stipendi (che è meglio che uàn).
A proposito, sul tema il ministro usa una formula originale: «Partita di giro per lo Stato». Comunque tranquilli, anche su questo Patroni Griffi ha promesso di provvedere. Speriamo presto, così che possa ritrovare il sonno perduto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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