Patto di stabilità: esser virtuosi non conviene meglio far debiti

Non lo ammetterà mai, ma forse, in cuor suo, il sindaco Moratti teme che i soldi disponibili per l'Expo non bastino. Pare, ad esempio, che non ce ne siano abbastanza per completare tutte e due le nuove linee della metropolitana - che, per la verità, nella prima versione della candidatura di Milano all'esposizione del 2015 erano tre, c'era una linea 6 oltre alla 4 e alla 5. Il fatto è che qualcuno, a cominciare dal sindaco, contava sulla ragionevole possibilità che il governo concedesse almeno a Milano, per questo suo straordinario impegno, di derogare temporaneamente ai giugulatori limiti del famigerato patto di stabilità. Limiti alle spese imposti dall'Unione europea sia ai comuni con i conti in ordine sia a quelli spendaccioni per tenere le uscite pubbliche sotto controllo. Ebbene il ministero dell'Economia ha definitivamente spento qualsiasi residua illusione. Stavolta lo ha fatto in Parlamento per bocca del sottosegratario Giuseppe Vegas, ma sarebbero già bastatati i molti e spesso stizziti «no» del ministro Tremonti in persona: il patto di stabilità è tabù.
Se le cose stanno così ci permettiamo di dare un consiglio al sindaco. Se ne freghi, spenda, scialacqui, si indebiti. Faccia tutto quello che deve e vuole fare, tutto quello che Milano merita e si aspetta, senza badare a spese. Dimentichi la noiosa virtù della buona amministrazione di asburgica memoria. Accantoni per sempre la tradizione di rigore della compianta Maria Teresa, d'Austria. Che barba! Alla fine i conti risulteranno in profondo rosso? Bene, molto bene.

Anzi, quanto più profondo sarà quel rosso meglio sarà per Milano. Un bel deficit pesante è ormai preferibile a bilanci banalmente in ordine. Delirio? Traveggole? Niente affatto, semmai istigazione al dissesto finanziario, ma per una buona causa (...)

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