Pazzali ritorna in Fondazione Fiera. E mette in moto il risiko dei candidati

Il manager revoca la sua autosospensione e apre la corsa per scegliere il successore. La casella fa gola a FdI con Bozzetti. Partita da incrociare con sindaco e governatore

Pazzali ritorna in Fondazione Fiera. E mette in moto il risiko dei candidati
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A sorpresa, ma non a torto, Enrico Pazzali torna alla guida di Fondazione Fiera Milano. Ieri il manager indagato per il presunto scandalo sui dossieraggi della «Equalize», ha annunciato la revoca della sua autosospensione da presidente dell'ente. Atto non dovuto, ma fatto dopo gli arresti dello scorso ottobre che non lo avevano riguardato. Ora si attende la decisione del Tribunale del Riesame, dopo che i pm sono tornati a chiederne gli arresti domiciliari. Quelli bocciati dal gip.

E fin qui la cronaca giudiziaria. Perché, saldamente intrecciata, c'è quella politica che rischia di avere proprio qui l'epicentro di un risiko di candidature e nomine che potrebbe portare lontano. Non molto conosciuta ai più, infatti, Fondazione Fiera è una cassaforte di finanziamenti e progetti che, anche grazie alla grande professionalità manageriale di Pazzali, rappresenta un polmone vitale per Milano. Ma non solo. Basterebbe citare l'ospedale in Fiera organizzato a tempi record mentre la città e anzi la regione stavano affondando nel gorgo del Covid (dando una mano ad Attilio Fontana), i padiglioni messi a disposizione per il pattinaggio e l'hockey dell'Olimpiade Milano-Cortina che ne hanno probabilmente reso possibile l'apertura (salvando Beppe Sala). Per non parlare degli spazio concessi alla Rai per costruire il nuovo Centro di produzione che manderà in pensione quello storico, ma fatiscente di Corso Sempione (miracolando il governo).

Un colosso, insomma, su cui evidentemente si stanno muovendo in molti, considerato il futuro molto prossimo, con la scelta del nuovo presidente e del suo vice. Non facile, per evidenti motivi, una riconferma di Pazzali, il candidato più in spolvero è Giovanni Bozzetti. Ex assessore in Comune, affermato imprenditore e collaboratore della presidenza del Senato, è storicamente vicino al presidente Ignazio La Russa a cui non dispiacerebbe occupare la casella che con Pazzali era finita nelle mani leghiste del governatore Attilio Fontana. A sua volta poco propenso a cederla, con una vicepresidenza da confermare al centrosinistra di Davide Corritore che bene ha fatto in questo mandato, sostituendo anche Pazzali in questi mesi di interregno.

Ma, a quel punto, soddisfatti almeno in parte gli appetiti di La Russa con una poltrona di così grande pregio affidata a Bozzetti, ad aprirsi sarebbe il risiko del candidato sindaco, nel quale sembra tramontato l'astro del candidato civico, l'ex rettore Ferruccio Resta, considerato vicino alla Lega di rito giogettiano. A salire sarebbe allora ancora un fratello d'Italia, seppur di rito meloniano e non larussiano, come Carlo Fidanza. Anche se per lui La Russa, a cui Giorgia Meloni ha delegato la contea lombarda, immaginerebbe piuttosto un ruolo da governatore in Regione. Lì dove, invece, qualche meloniano preferirebbe un laico come l'oggi presidente di Coldiretti Ettore Prandini, molto rispettato non solo dalla numerosissima categoria degli agricoltori, ma anche a sinistra. Certo non indifferente sarà la prima mossa da fare in Veneto, dove l'ormai certa giubilazione del doge Luca Zaia destinato a diventare sindaco di Venezia, aprirebbe le porte a un giovane di talento come il segretario della Liga veneta Alberto Stefani.

Andasse il Veneto alla Lega, Fratelli d'Italia potrebbe scegliere tra il sindaco di Milano e il presidente della Lombardia.

E La Russa sceglierebbe la via più in discesa che porta al governatore, lasciando contendibile il più incerto Palazzo Marino e rimettendo così in corsa Forza Italia che con Letiza Moratti e Alessandro Sorte aiutati da Gabriele Albertini, hanno già messo in moto aspirazioni e meningi.

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