da Milano
Nemmeno a ferragosto hanno smesso di litigare. Non bastava la «bega Piemonte», con Sergio Chiamparino ad annunciare che lui, sindaco di Torino e ministro ombra del Pd, alla festa del partito nella sua città non si farà vedere, perché è stufo di un partito in cui «gli interessi delle componenti predominano sugli interessi generali del partito stesso». Adesso ci mancava Firenze, che pure, sede della Festa nazionale democratica, dovrebbe almeno tentare di restituire unimmagine unitaria, dopo le guerre intestine di questi mesi, una su tutte la solita fra Walter Veltroni e Massimo DAlema.
Macché. Chiamparino ha scelto la via epistolare per minacciare la sua uscita dal Pd? I fiorentini hanno preferito la via tecnologica. In vista delle elezioni di primavera che dovranno sostituire il sindaco Leonardo Dominici, lassessore comunale Graziano Cioni ha inviato un sms cumulativo per chiedere agli amici: «E se mi candidassi a sindaco?», gettando nello sconforto i nemici. Il presidente della Provincia Matteo Renzi, giovane rutelliano, ha creato scompiglio con un sondaggio sul suo blog: «Cosa devo fare da grande?». Tutti contro tutti immediato, e la situazione promette di peggiorare. Perché al centro dello scontro ci sono anche le primarie: si fanno oppure no, e soprattutto come, libere o pilotate dai vertici?
Oltre alle correnti, certo. Ieri, per dire, in Piemonte, dopo Chiamparino, anche la presidente della Regione Mercedes Bresso è finita nel mirino.
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