«Cè un unico responsabile della mancata vendita del Comune di Milano di Serravalle ed è lex sindaco Gabriele Albertini». Filippo Penati ieri a margine del consiglio regionale ha versato altro veleno sulla vendita (o oggi svendita) della società che controlla le tre tangenziali milanesi e parte dellautostrada verso Genova. Quella gallina dalle uova doro che intossica ormai da più di sei anni i rapporti tra i palazzi del potere milanese. E i salotti buoni della finanza col cuore a sinistra, ma il portafoglio a destra. E che oggi, dopo le indagini della procura di Monza sulla tangentopoli di Sesto san Giovanni, qualcuno non esita a definire «la greppia della sinistra, o perlomeno della corrente di Penati».
«Penati - la replica secca di Albertini da Strasburgo - è come il condannato che ha il cappio intorno al collo e cerca ancora di dar la colpa al boia». Mentre Penati anche ieri ha sostenuto che «la Provincia di Milano quando era presidente Ombretta Colli doveva comprare le azioni e loperazione non andò in porto. Fu il presidente Berlusconi a consigliare a Ombretta Colli di acquistare la Serravalle - spiegava sventolando un quotidiano dellepoca - Laffare non andò in porto perché allora, anche con la Colli, Albertini faceva i capricci e non si riusciva mai a trovare laccordo». E quindi «se cè un unico responsabile è Albertini che ha rifiutato non solo i 270 milioni che gli offrimmo noi prima dellacquisto da Gavio, ma rifiutò ben prima lofferta della Colli che era consigliata da Berlusconi».
Accuse a cui Albertini non vorrebbe replicare. «Andate a vedere la rassegna stampa di quei giorni, lì cè scritto tutto. Quella è la verità». Poi cede. La proposta di acquisto di Penati? «Anche allora raccontava di unofferta che non ha mai fatto per iscritto, mai seriamente». Senza negare che quella possibilità ci fosse. «Io la Serravalle volevo metterla allasta perché non avevo la certezza che la perizia sul suo valore fosse corretta. E lo dissi anche a Penati. Del mercato mi fidavo di più». Unasta contro cui si schierarono i colonnelli del centrodestra tra cui Paolo Romani, Roberto Formigoni e Ombretta Colli timorosi di soccombere al boss delle autostrade Marcellino Gavio che nellaffare aveva da investire ben più contante della Provincia. Ma Albertini si impuntò e con la tenacia che ha caratterizzato i suoi nove anni da sindaco, tenne duro sulla strada della gara. Lo steso metodo a cui con la sua giunta si attenne anche in altre privatizzazioni come quella della centrale del latte quando di fronte alle candidature di Yomo e produttori considerati allora più vicini al centrodestra, «io volli mettere a gara e vinse la Granarolo, legata alle cooperative rosse». O come successe con le 84 farmacie comunali che andarono alla società tedesca che pagò di più. «Penati - ripete Albertini - parlò solo genericamente della sua intenzione di acquistare. Forse solo in una conferenza stampa. Ma quando gli fu prospettata la decisone di mettere a gara le quote del Comune, lui andò da Gavio. Così Bruno Binasco (il braccio destro di Gavio già condannato per tangenti al Pds con Primo Greganti, ndr) non ha mai fatto unofferta seria per coprire il patto corruttivo con Penati. Per coprire il compagno Penati».
Che ieri ha abbandonato il consiglio regionale dopo lintervento del capogruppo della Lega Stefano Galli che nel suo intervento nel dibattito in corso sul caso dellex area Falck di Sesto San Giovanni che vede indagato Penati, ha criticato quello che ha definito come il vero «sistema Sesto» e la commistione tra le «cooperative rosse» e lallora Partito Comunista poi Ds e oggi Pd.
Da Palazzo Marino, intanto, dal vertice dei capigruppo del centrosinistra arriva il via libera alla seconda gara per la vendita di Serravalle dopo che la prima era andata deserta.
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