Penati cerca il baratto, ma la Cdl dice «no»

Dapei (Fi): «Siamo disponibili a un confronto, non a uno scambio»

Gianandrea Zagato

«Una poltrona nel consiglio d’amministrazione di Asam». È l’offerta che Filippo Penati fa ai gruppi d’opposizione di Palazzo Isimbardi. Generosità del presidente diesse che, naturalmente, presuppone un cambio: gettare nel cestino qualcosa come tremila emendamenti. Quelli che la Casa delle libertà ha presentato per contrastare l’ennesimo blitz dell’amministrazione: conferire le partecipazioni di via Vivaio - Serravalle inclusa - in un’holding, Asam, e sempre alla stessa Asam conferire il ricavato della vendita delle quote di Cisa e Serenissima.
Operazione «senza guardare troppo alla legalità», con tanto di delibera che non fissa nemmeno i prezzi minimi di vendita dei titoli di Cisa e Serenissima. Trasparenza mancante che la Casa delle Libertà, senza l’apporto della Lega, tenta di ripristinare con quei tremila emendamenti: «Unica risposta per fermare lo scempio di quest’amministrazione». Ma per Penati sono solo, evidentemente, merce di scambio: «Significano, a norma di regolamento, immobilizzare il consiglio per oltre tremila ore; ovvero, in base al numero medio di sedute annuali, fermare la discussione su questo tema per otto anni». Novantasei mesi di troppo, «la Casa delle Libertà vuole impedire al consiglio di deliberare» e, quindi, ecco l’offerta: «Si può trovare il meccanismo per cui due componenti del cda di Asam possano essere espressione uno della maggioranza e uno dell’opposizione. Con garanzia di una settimana di tempo per ridiscutere in commissione la delibera della maggioranza che recepisce ovviamente gli emendamenti sostanziali dell’opposizione».
Sintesi di tre ore di conclave tra Penati e i capigruppo di Forza Italia, An e Udc. Centottanta minuti che hanno ulteriormente convinto l’opposizione ad andare avanti, «non vogliamo che la discussione proceda per otto anni ma nemmeno per soli otto giorni» fa sapere Bruno Dapei, rappresentante degli azzurri. «Siamo disponibili a un confronto, ma indisponibili a barattare posti nel cda di Asam in cambio di emendamenti. Motivo? Se questa delibera venisse approvata provocherebbe un danno gravissimo per i cittadini poiché contiene gravissime carenze sul piano amministrativo. Ragione più che sufficiente per pretendere che il consiglio si faccia garante di una situazione mai stata chiara nemmeno al suo inizio, quando Penati ha speso 238 milioni di euro per comprare le azioni di Marcellino Gavio» spiega Dapei alla maggioranza.
Che sottoscrive, sorpresa, un ordine del giorno «urgente» dove «valuta indispensabile (per il consiglio) esercitare il suo ruolo di indirizzo sulle partecipate in occasione delle scelte strategiche» e soprattutto «in caso di variazione di statuto, modificazioni del capitale sociale e degli assetti». Come dire: «Pure la maggioranza, Rifondazione in testa, ha qualche dubbio sull’operazione voluta da Penati. A tal punto da pretendere l’impegno del presidente della Provincia ad “assumere e condividere i pronunciamenti del consiglio”» aggiunge Paola Frassinetti, capogruppo di An. Nota sul tentativo «penatiano di eliminare il controllo democratico dell’aula» che, chiosa Marco Malinverno (Udc), «ad esempio, non conosce il parere dell’advisor sulla vendita delle azioni Cisa e Serenissima e che, guarda caso, affronta questa delibera con alle spalle una sola riunione di commissione, dove sono state negate all’opposizione le analisi degli advisor nominati a marzo». Dunque, si va avanti a oltranza.

Consiglio-maratona «per fermare Penati e per evitare un altro danno ai cittadini della Grande Milano» riassume Giovanni De Nicola (An). E la maggioranza striglia Penati, «sei stato eccessivamente generoso» dice Roberto Caputo (Margherita). Già, una poltrona non la si dà per tremila emendamenti.

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