«Penati è un Robin Hood al contrario»

«Penati è un Robin Hood al contrario»

Tangenziale est esterna? «Progetto inutile». BreBeMi e Pedemontana? «I sostenitori dell’asfalto devono attendere». Esternazioni firmate dai Verdi che sostengono Filippo Penati e che definiscono «strategico» il suo blitz, quello che ha fatto incamerare centosettanta e passa milioni di plusvalenza a Marcellino Gavio in cambio del controllo di Serravalle. Definizione che la dice lunga sul futuro del sistema infrastrutturale lombardo, «Penati deve trasformare la Serravalle da società autostradale in società operante nel settore della mobilità» e, quindi, «reinvestire gli utili in trasporto pubblico».
Condizione, quest’ultima, che calcolatrice alla mano impedirebbe però alla Provincia di riscattare quei ventisette milioni di azioni appena acquistate e date in pegno a Banca Intesa in cambio del contante necessario alla conquista del pacchetto azionario di Gavio. Errori di calcolo certo sgraditi a chi, come Penati, ha speso nove euro ad azione «sperperando il denaro dei milanesi»: «Sperpero che finisce davanti alla Corte dei Conti e al Tar», preannunciano i consiglieri comunali e provinciali della Casa delle Libertà. «Soldi buttati via perché già Serravalle era pubblica al 70 per cento e controllata dalla Provincia attraverso un patto di sindacato» dice Bruno Dapei. «Acquisto che non può non finire sotto gli occhi delle fiamme gialle, vuoi per la trattativa innescata con il socio privato che per gli effetti sulle azioni possedute dal Comune di Milano», aggiunge Carlo Masseroli: «Penati gioca a fare l’imprenditore con i soldi delle nostre tasche. Gavio è nel cda, cosa insolita per chi vende e il Comune è fuori dal gioco, col 18 per cento svalutato». Illegalità commesse da «un rubagalline o da un Robin Hood all’incontrario, che ruba ai poveri per dare ai ricchi» sostengono gli azzurri. Che mettono sul tavolo «le prove del gioco di scatole cinesi» messo a punto da Penati e dai suoi boys «nell’illusione di saltare il passaggio obbligatorio in consiglio provinciale» e, quindi, le relative «garanzie».
Accusa accompagnata da deliberazioni della giunta Penati e dal verbale dell’assemblea straordinaria «che nomina dipendenti della Provincia nel cda di una partecipata della Provincia stessa - quella utilizzata per il passaggio delle azioni da Gavio a Banca Intesa - senza nemmeno ricorrere al bando di legge». «Illegalità» che Manfredi Palmeri ripercorre con le cronache dei quotidiani, prova di poca trasparenza «del rispetto delle regole»: «Ha messo un rubinetto d’oro in più a Palazzo Isimbardi e soprattutto ha tradito la buonafede. Per questo la pagherà». Voce di Palmeri che An completa ricordando Ombretta Colli «accusata per anni ingiustamente di aver fatto un accordo con Gavio: falsità portate avanti in maniera demagogica e, ora, da Penati, concretizzate in un modo così scellerato».

Finale di una partita con il timore che «salti il patto di sindacato» perché «Penati non aspetta altro» e con la sorpresa di Pierluigi Mantini della Margherita che, in extremis, sostiene le accuse del centrodestra: «Penati trasformando la Provincia in una impresa di costruzione non ha considerato le regole». Aggiunta da conservare a futura memoria.

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