Pensioni, ecco tutte le nuove regole

RomaPer la prima volta un intervento di un governo, di un qualsiasi governo, sulle pensioni non provoca proteste clamorose da parte dei sindacati. Anche il «no» della Cgil all’aumento dell’età pensionabile per le donne nella Pubblica amministrazione, e al nuovo meccanismo di pensionamento legato all’aspettativa di vita (che partirà dal 2015) sembra più un «atto dovuto» che un rifiuto vero e proprio.
L’incontro dei ministri Tremonti, Sacconi e Brunetta e del sottosegretario Letta con le parti sociali, ieri a palazzo Chigi, certifica il generale gradimento delle nuove norme. Cisl e Uil definiscono il provvedimento «molto utile per stabilizzare il sistema previdenziale». Sì anche dall’Ugl e dalla Confsal, oltre che dalla Confindustria. E soprattutto arriva il «sì», per quanto ufficioso, dell’Europa: Bruxelles «accoglie con favore» il provvedimento, sollecitato da una sentenza della Corte di giustizia Ue.
Il governo, ha confermato Tremonti, non ha alcuna intenzione di intervenire sulle pensioni per «fare cassa». Tutte le risorse risparmiate - circa 2 miliardi e mezzo di euro fra il 2010 e il 2018, secondo i calcoli dell’Inpdap, l’ente previdenziale del pubblico impiego - saranno redistribuite nel comparto del welfare. «Non è un sistema per togliere, ma per dare», aggiunge il ministro dell’Economia. Inoltre, spiega ancora Maurizio Sacconi, l’aggiustamento dell’età pensionabile non è scontato al cento per cento, dipenderà dall’andamento delle aspettative di vita. La Cgil sospetta che l’aumento dell’età pensionabile nel solo pubblico impiego sia una sorta di «cavallo di Troia» per una futura estensione della misura a tutte le lavoratrici. Sacconi smentisce: nel privato non si farà nulla, assicura. E il «no» della Cisl? «Ha espresso qualche perplessità, ma definirei ragionevole il suo giudizio», conclude il ministro del Welfare.
Ma come funzionerà l’aumento dell’età pensionabile? Dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2011 le pubbliche dipendenti potranno essere pensionate a 61 anni; dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2013, si passa a 62 anni; dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 ci vorranno 63 anni; dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 saranno necessari 64 anni. Infine, dal 1 gennaio 2018, si va in pensione di vecchiaia a 65 anni, come gli uomini. L’Inpdap ha calcolato anche quante dovrebbero essere le dipendenti pubbliche interessate: 3.500 nel 2010, 4.700 nel 2011, e 6mila l’anno a partire dal 2013. I nuovi requisiti non si applicano alle lavoratrici che al 31 dicembre di quest’anno hanno già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia: le amministrazioni di competenza certificheranno il diritto acquisito. Così nel 2018, secondo le simulazioni Inpdap, ci sarebbero oltre 30mila pensioni in meno, mentre il risparmio di spesa previdenziale cumulato fra il 2010 e il 2018 sarebbe pari a 2,429 miliardi di euro. I risparmi confluiranno in un fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio, e serviranno a finanziare politiche sociali e familiari.
Gli emendamenti al decreto anticrisi - pensioni e scudo fiscale in prima fila - piombano sulla commissione Bilancio e Finanze della Camera, che ha in mano il provvedimento. Nel pomeriggio di ieri sono incominciate le votazioni, con l’obiettivo di portare il testo in aula già martedì. Sugli emendamenti dei relatori sono stati presentati circa 500 sub-emendamenti (quelli dell’Italia dei valori, concentrati sullo scudo fiscale, hanno un «carattere ostruzionistico», come dice lo stesso Antonio Borghesi). Ieri sera la commissione ha dato il via libera alle nuove norme sul massimo scoperto e i giorni di valuta per gli assegni.
Il rientro oneroso dei capitali illegalmente detenuti all’estero - lo «scudo fiscale», appunto - attira le critiche dell’opposizione, che parla di condono mascherato; ma inaspettatamente incassa l’approvazione del Financial Times.

Il quotidiano della City londinese definisce lo scudo «amnistia fiscale», ma con pragmatismo britannico ne rileva l’utilità: «Se riuscirà ad aiutare gli imprenditori italiani a regolarizzare la loro situazione fiscale, e ad iniettare nuovi capitali nelle loro società in una fase di restrizione creditizia, non sarà una cosa negativa».

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