Perché Gianfranco dovrebbe dimettersi

di Augusto Sinagra *

L’inchiesta giornalistica condotta dal Giornale a proposito della squallida vicenda della casa di Montecarlo, come anche a proposito dei favoritismi sollecitati e ottenuti dalla ex casalinga Francesca Frau (madre della più nota Elisabetta Tulliani) presso la Rai, degli interessamenti spesi a favore di quel tale Piscicelli che sghignazzava per i morti del terremoto dell’Aquila e del cosiddetto imprenditore Giancarlo Tulliani (fratello della citata e più nota Elisabetta) è legittima, corretta, doverosa e socialmente utile.

Certamente non è finalizzata a coltivare e promuovere alcun tipo di gossip politico-immobiliaristico-familiare ma a valutare profilo e consistenza morale di un personaggio che si atteggia a leader politico e la condotta politica e gestionale dei beni del partito (specialmente di quelli frutto di un lascito ereditario vincolato al perseguimento di idealità politiche) da parte dell’onorevole Fini che con determinazione degna di causa migliore (è proprio il caso di dirlo) non avverte il dovere politico e il senso della decenza di dimettersi illico et immediate dalla presidenza della Camera, non godendo più della fiducia della maggioranza.

Se questo alla Signora Emma Marcegaglia non sembra interessante, è affar suo ed è elemento certamente inquietante: evidentemente alla Confindustria non interessa quale sia la moralità politica e comportamentale di chi costituisce «classe politica dirigente» di questo Paese. Quel che importa, e che è motivo di conforto, è che, come i sondaggi hanno evidenziato, questo interessa più del 50% del popolo italiano.

Se lo scopo è nobile e politicamente importante, l’esito è certamente impossibile. Il Finavil, come è stato ironicamente detto per rimarcare l’incollatura tenace di Fini alla poltrona, non risponderà mai, non fornirà mai alcun chiarimento. E questo per tre distinti motivi: innanzi tutto vi è che Gianfranco Fini non è in condizione di offrire alcun chiarimento a giustificazione della sua condotta, considerato quanto fin’ora è emerso ed accertato documentalmente e testimonialmente. Potrebbe solo rendere ampia confessione, chiedere scusa agli italiani e ritirarsi a vita nel più sperduto eremo per farsi dimenticare.
La seconda ragione è che il presidente della Camera (si spera ancora per poco), confida nell’esito a lui in qualche modo favorevole delle indagini giudiziarie in corso; e non appare senza motivo l’intensificato corteggiamento che lui e i pochi «suoi» svolgono nei confronti della magistratura, accodandosi alle richieste della sinistra (sempre che in Italia ce ne sia ancora una degna di questo nome).

La terza ragione è che Gianfranco Fini, come è evidente, spera che la gente dimentichi con il passare del tempo. Ed è noto, infatti, che il popolo italiano ha sempre avuto memoria corta. La speranza di Finavil è anche quella che possa, prima o dopo, insorgere un nuovo scandalo che distolga l’attenzione da quello che per molti aspetti lo vede personalmente e familiarmente coinvolto.

È per questo che è ancor più meritoria l’inchiesta tenacemente condotta dal Giornale, ed è ancor più importante che il Giornale, come anche Libero, tengano desta l’attenzione su tali squallide vicende.

Perché la gente non dimentichi ponendo in essere nei fatti una sorta di amnistia sociale e politica della quale Gianfranco Fini potrebbe e vorrebbe beneficiare.
*Professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche
Università La Sapienza di Roma

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