Perde un documento: si scopre clandestino e donna

L’uomo senza passato guarda al futuro perplesso e impaurito. Potrebbe essere un personaggio kafkiano, ma la sua è una storia drammaticamente vera. E lui è un semplice extracomunitario a cui non rinnovano il permesso di soggiorno perché è stato bollato come clandestino. Lui è in Italia regolarmente dal 2003, ma non per la banca dati degli immigrati extracomunitari della questura di Milano. Dove all’improvviso, a dicembre, al momento del rinnovo del permesso (il terzo da quando è in Italia!) si sono accorti che il suo nome per qualche ragione inspiegabile è scomparso. Così Hade Mogmenga, 40enne africano del Burkina Faso, per la legge italiana non esiste più. Poco importa se vive grazie a un impiego a tempo indeterminato a Trezzo d’Adda, se non ha mai lavorato in nero e dal 2003 possiede un permesso già rinnovato due volte. Non c’entra se paga le tasse, se ha una carta d'identità e una patente rilasciatagli dal comune di residenza dove ora sia l'amministrazione che il suo datore di lavoro, che lo credono un clandestino conclamato e quindi un bugiardo e un truffatore, sono già scesi sul piede di guerra. Così com’è ormai è solo un dettaglio che il giudice di pace, al quale l'immigrato ha fatto ricorso dopo aver ricevuto il decreto di espulsione, gli abbia dato ragione.
Lei sa che all'ufficio immigrazione della questura pensano che tutti i suoi documenti in questi anni siano falsi?
«E secondo lei, se avessi sempre falsificato i miei permessi di soggiorno, a dicembre mi sarei buttato volontariamente nella fossa dei leoni andando all’ufficio immigrazione per rinnovare il permesso di soggiorno e farmi cacciare così dall’Italia?».
La polizia è convinta che il suo nome non sia sparito dalla loro banca dati, ma piuttosto che non ci sia mai entrato…
«Grazie al mio avvocato, Roberto De Maio, ho recuperato la fotocopia di uno dei precedenti permessi - rilasciatomi nel settembre 2004 proprio dalla questura di Milano e conservato negli archivi di una cooperativa per la quale ho lavorato - che prova come io abbia dei documenti ottenuti regolarmente dalla polizia: in questi anni mai nessuno in questura, quando andavo a rinnovare il permesso, mi ha fatto rimostranze sull'autenticità del documento o sulla regolarità della mia entrata o permanenza in Italia. Purtroppo, al momento del rinnovo, mi veniva ritirato il vecchio documento e quindi non vedevo l'esigenza di conservarne la fotocopia».
E l’ultimo permesso? La questura le contesta di possedere solo la fotocopia. Un fatto che non fa che accrescere le stranezze di questa situazione.
«Il permesso l'ho perso. A settembre, di ritorno dall’Africa, ho fatto scalo a Parigi. E all’aeroporto di Roissy, come può vedere dal mio passaporto, la polizia il permesso l’ha visto, il timbro che mi hanno messo lo prova! Di non averlo più me ne sono accorto a ottobre. Fortunatamente ne ho una fotocopia: è con quella che mi sono presentato negli uffici milanesi dell’ufficio immigrazione di via Cagni, a dicembre, per il rinnovo. E solo lì ho saputo che non esistevo più».
Poi cos’è accaduto quel giorno?
«Da via Cagni mi hanno portato in questura, in via Montebello e lì, dopo avermi contestato di essermi introdotto illegalmente in Italia sottraendomi ai controlli di frontiera, mi hanno consegnato il decreto di espulsione, il verbale di sequestro della carta d'identità e della patente e l'ordinanza del questore».
Lei però ha fatto ricorso al giudice di pace. Perché le ha dato ragione?
«Non solo, analizzando i miei documenti e ascoltando le mie spiegazioni, nonché leggendo attentamente il ricorso presentato dal mio avvocato, si è reso conto che sono in assoluta buona fede e ha creduto alla mia storia. Ma ha riscontrato diverse irregolarità, probabilmente inesattezze dovute alla fretta nelle osservazioni inviategli in seguito al mio ricorso. Ad esempio: si riferiscono a me definendomi una cittadina ucraina».
E adesso, cosa vorrebbe signor Hade?
«Rivoglio la mia vita da persona perbene. Non solo mi è stato rubato il passato, ma hanno azzerato anche il mio presente.

A questo punto dovrei tornare in Burkina Faso facendo finta di niente - anzi, sostenendo una parte che non mi appartiene, quella del truffatore - a 40 anni suonati, cercando di farmi riassumere in Italia. Nel frattempo sono senza carta d'identità e senza patente: in un certo senso sono già morto».

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