Se c’è una caratteristica di Iva Zanicchi che colpisce è proprio la spontaneità e la simpatia travolgente anche al di fuori della tv e anche quando non si trova su un palco a cantare. Ne è stata la dimostrazione anche ieri, a Milano, presso la libreria Mondadori Duomo davanti a una nutrita platea (anche noi de il Giornale eravamo presenti) durante la presentazione del suo nuovo libro da titolo: “Quel profumo di brodo caldo – la cucina dei miei ricordi” edito da Mondadori; non un semplice ricettario, ma un viaggio nei ricordi e nella cucina dell’Appennino tosco-emiliano.
Tra cappelletti in brodo, ragù alla bolognese e polenta di castagne, la cantante spalleggiata dal giornalista Roberto Alessi tra una battuta e l’altra e con tanto di duetto con un noto baritono presente in platea, ha raccontato la sua infanzia, le donne di casa da cui ha imparato a cucinare, e i momenti indimenticabili della sua carriera internazionale e straordinaria conditi da gag e momenti davvero divertenti. Una lettura che unisce cucina e memoria, successo e nostalgia, raccontando la donna dietro la diva.
Iva, quanto c’è di nostalgia e quanto di gratitudine in queste pagine?
Nostalgia abbastanza, ma anche riconoscenza, affetto e amore verso mia mamma. Questo libro è dedicato a lei e a mia nonna: quel poco che so di cucina lo devo a loro. La nonna Armida era straordinaria: da lei ho imparato a fare le patate al forno, che sembrano facili ma non lo sono, e il ragù alla bolognese, con la sua variante, la “variante Armida”.
Qual è il segreto per rimanere autentica senza perdere ironia e leggerezza?
Amare, amare e ancora amare. E poi un po’ di senso dell’umorismo, che secondo me è innato: non si impara. Io ce l’ho, a volte anche un po’ esagerato, ma mi diverto. Quando vedo la gente sorridere o ridere, io godo: più che cantare, mi diverto come una pazza. Perciò: leggerezza, curiosità e amore.
Perché bisognerebbe regalare questo libro?
Ci sono tre motivi: costa poco, è pieno di consigli e ricette della mia famiglia. Alcune sono conosciute, tipo lo gnocco fritto… altre sono intime, alla bolognese di nonna Armida.
Poi arriva Natale: con poco fai un regalo carino e aiuti anche una povera vecchia, cioè me!(ride ndr).
Il rapporto con Ornella Vanoni
È mancata di recente la sua amica Ornella Vanoni. Che ricordo ha di lei?
Ornella era una donna colta, intelligente e brillante. L’ultima volta che ci siamo sentite, una settimana prima della sua morte, mi ha chiamato per dirmi: “Iva, tagliati i capelli, li hai troppo lunghi!”. Io li ho tagliati quella notte. La mattina dopo, dalla Svizzera, mia figlia mi ha detto che Ornella era morta. Era un affetto sincero, autentico, a volte pungente, ma sempre vero.
Avevate legami anche più leggeri…
Certo! L’estate precedente mi voleva in vacanza con lei in Sardegna. Io le ho detto che avevo nove serate ad agosto. “Allora giura che il prossimo anno non lavori e andiamo insieme”, mi disse: “Ci conto!”, le risposi. E ancora quell’estate, luglio, mi chiama e mi chiede se fossi morta: una gag tra noi, fatta di complicità e ironia.Ornella e io ci prendevamo in giro, ci punzecchiavamo, ma c’era sempre rispetto e stima.
Aneddoti di vita e tournée
Nel libro racconta anche di viaggi e incontri memorabili. Per esempio?
A San Pietroburgo ho incontrato un ragazzo, Sasha, bellissimo, e mi ha accompagnata a fare una passeggiata sulla Neva, tutta ghiacciata. Prendiamo una troika trainata da cavalli, c’era la luna, il romanticismo… e il freddo! Ci siamo baciati, io ero sposata, ma non è successo niente di più.
Alla fine, provvidenziale, si è presentato mio marito all’hotel: giuro che forse l’avrei tradito!
Non solo emozioni, però. Il libro è anche cucina.
“Sì, la cucina è memoria. Ogni piatto richiama le donne della mia famiglia e i ricordi dell’infanzia.
Quel profumo di torta calda che faceva mia mamma, il brodo di mia nonna (quel sapore e quel profumo li ho ritrovati solo una volta in un convento di suore bergamasche), le cucine fumose, i pranzi attorno al tavolo: è lì che nasce tutto. La cucina è il cuore della famiglia, il filo che lega passato e presente”.
Da Vaglie al mondo
Da giovane, racconta Iva, aveva paura di allontanarsi dalla famiglia e anche di volare.
La sua infanzia a Vaglie, sull’Appennino tosco-emiliano, era semplice: ci si spostava con il mulo, le case avevano pochi comfort.
La sua famiglia non era ricca, ma possedeva uno chalet con bagno e telefono — un lusso all’epoca. “Io, curiosa, chiamavo Firenze al telefono di servizio, senza sapere chi mi avrebbe risposto… e mio padre mi ha fatto un rimprovero memorabile, anzi mi ha menata di santa ragione !”, racconta ridendo.