Il personaggio Un eroe tutto da ridere a lungo frainteso

Arthur Conan Doyle? Sherlock Holmes. I due nomi sono inscindibili. Non è un appiattimento causato dal trascorrere del tempo. Conan Doyle (1859-1930) ne fu vittima già da vivo. Nella sua imponente produzione letteraria (oltre 80 tra romanzi e raccolte di racconti) è l’investigatore amante della cocaina il personaggio che ha da subito fatto innamorare il pubblico. Tanto che lo stesso suo creatore cercò di assassinarlo, in L’ultima avventura, e fu poi costretto a riportarlo in vita per non essere perseguitato da lettori, editori e plagiatori. Tutto il resto della sua opera, a esclusione de La mummia e Il mondo perduto, parzialmente «salvati» da Hollywood, è finito in una sorta di limbo. Ecco perché è bello immergersi nelle pagine de Gli exploit e le avventure del brigadiere Gerard, appena pubblicato da Donzelli (pagg. 368, euro 26, traduzione di Nello Giugliano). Il testo in Italia è uscito sempre in maniera incompleta e in versioni «adattate» (ma si potrebbe anche dire storpiate) per ragazzi. In realtà nella loro forma originale di 16 racconti e un’appendice, gli Exploit e le Avventure rivelano una strepitosa vena eroicomica che difficilmente ci si immaginerebbe nel padre del deduttivo Holmes. Eppure in due serie a puntate, pubblicate da The Strand Magazine (tra il 1894 e il 1895 e tra il 1900 e il 1903), lo scrittore britannico ha dato vita a un personaggio che non ha niente da invidiare a Pirgopolinice, il Miles Gloriosus di Plauto, o al mezzo gigante Morgante del Pulci. Anzi, Etienne Gerard, brigadiere degli ussari al servizio di Napoleone, sembra un incrocio tra i due personaggi. Non c’è limite alle sue spacconate, non c’è limite alla sua ottusità sul campo di battaglia, ma non c’è limite nemmeno alla sua forza e alla sua sfacciata fortuna che oltrepassa la capacità di comprensione e la pazienza di Napoleone (così come avete potuto leggere negli stralci de La medaglia del brigadiere Gerard presentato in questa pagina). Ma al di là del personaggio, a rendere eccezionale la narrazione di Doyle è la sua capacità di mischiare la puntigliosità storica al grottesco.

Certo, l’ironia in punta di penna di Conan Doyle è diversa dagli «effettacci» comici a cui ci ha abituato la letteratura più recente. Le pagine non «esplodono», portano alla risata con lento abbrivio. Avendo la pazienza necessaria, però, si può arrivare a pensare: «Altro che dottor Watson!».

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