Un matto con la testa a posto e uno scudetto cucito sul petto. Il re degli incompiuti ha vinto, finalmente. Ma alla sua maniera, tra colpi di tacco e colpi di scena. Lo aveva detto quando era arrivato al Milan, Antonio Cassano. A 29 anni è l'ultima chance in carriera, da pazzi gettarla alle ortiche. Qualcuno si sarà preoccupato: è sano uno capace di entrare a 10 minuti dalla fine di un derby, segnare e poi farsi espellere sul 3-0?
Genio e sregolatezza, gol e cassanate. Fantantonio è così sin da quando accarezzava coi piedi il pallone di stracci nei vicoli di Bari Vecchia. Lo puoi smussare, non cambiare. Il Milan e la famiglia lo responsabilizzano un po'. Se va in panchina non fa più le bizze e alle donne da letto sostituisce da tempo il divano di casa con Carolina e poi Christopher.
Il seme della follia non è però sparito. Rimane lì, sepolto da qualche parte. Il talento invece è sempre in evidenza. Come a Cagliari il 6 gennaio, giorno del suo esordio in rossonero. Cassano è sovrappeso, fuori forma. L'italica copia di Ronaldinho, appena imballato e spedito in Brasile. Allegri lo getta nella mischia nel finale. Lui tocca un pallone e lo trasforma in oro. Assist per Strasser, gol da tre punti.
Ma non sono tutte rose e fiori. I due mesi d'inattività alla Samp, causa litigio con Garrone, si fanno sentire. Con il Parma al Meazza la partita migliore. Poi qualche pausa, il piattone che tiene a galla il Milan con il Bari, gli errori di Palermo. I rossoneri stanno gettando via il campionato e Cassano non è ancora al top. Il derby del 2 aprile con l'Inter cambia tutto. Nel tripudio milanista, Fantantonio festeggia a modo suo: facendosi cacciare. Che ci vuoi fare.
Il barese ne aveva conquistato uno a Madrid, nel 2007, dopo aver passato più ore a correre dietro le sottane che sul prato del Bernabeu. Altri tempi, il matto al Milan è maturato. Forse.
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