Più entrate, stesse tasse Ma ora il fisco tenta lo sprint

RomaPer arrivare al traguardo manca solo l’ultimo miglio, ma quello che serve è uno sprint da velocisti puri. Altrimenti l’azione di questi tre anni di governo rischia di essere vanificata.
Le entrate fiscali nel primo trimestre dell’anno, ha reso noto il Dipartimento delle Finanze, sono aumentate del 4,6% su base annua attestandosi a 87,4 miliardi di euro. Dall’altra parte il pil nel periodo gennaio-marzo ha segnato un incremento tendenziale dell’1% grazie a una buona performance del settore agricolo a fronte di una generale stabilità dell’industria e dei servizi. I dati pubblicati dal Tesoro e dall’Istat mostrano un’Italia in salute tutt’altro che precaria, ma che ha bisogno di maggiore slancio.
Ecco perché i numeri meritano un approfondimento analitico. Il gettito fiscale ha evidenziato che le politiche messe in atto dal ministro Tremonti hanno funzionato. Il 2010 è stato un anno positivo e gli incassi dei primi tre mesi di quest’anno lo dimostrano sia sul versante delle imposte dirette (+4,1% l’Ire e +9,9% l’Ires) che su quello delle indirette che hanno registrato un ottimo andamento dell’Iva, aumentata del 5,6% su base annua a segnalare che produzione e consumi hanno mostrato di essere in ripresa. Se a tutto questo si aggiunge che il recupero dell’evasione nel 2010 ha segnato un record a 10,6 miliardi e anche nell’anno in corso la stretta sta dando buoni frutti, si comprende la soddisfazione del ministro Tremonti che, forte del plauso dell’Fmi, ancora ieri ha ribadito che «l’Italia tiene».
Il titolare del Tesoro, però, non ha aggirato la questione. Affermando che si deve «fare di più» si è assunto un impegno al quale non potrà sottrarsi. Per due ordini di motivi. Il primo è quello microeconomico e politico. Il pil dei primi tre mesi ha mostrato una decelerazione a livello tendenziale rispetto ai due trimestri precedenti che avevano segnato tassi di incremento un po’ più elevati (+1,5% e +1,4%). L’Istat ha inoltre rilevato che se la crescita italiana da aprile a dicembre fosse pari a zero, il pil 2011 crescerebbe soltanto dello 0,5 per cento. E questa sarebbe una sconfitta «politica» non solo a livello di competizione globale con la Germania, Paese a forte vocazione esportatrice come l’Italia.
Sarebbe, soprattutto, una sconfitta dell’esecutivo. Non a caso il premier Silvio Berlusconi ha rilanciato sulla riforma fiscale come priorità per il dopo-elezioni e lo ha fatto con la consueta chiarezza. La creazione di «un unico codice fiscale entro un anno o un anno e mezzo» ha un solo scopo. L’obiettivo è «abbattere finalmente le aliquote perché non è vero che in questo modo si diminuiscono le entrate dell’erario».
Il Cav ha riproposto (ma non le aveva mai archiviate) le teorie della Reaganomics, ossia la famosa «curva di Laffer». Il teorema stabilisce che superato un tetto massimo di pressione fiscale, la produzione diminuisce e così pure le entrate. Cioè ha chiamato ancora in causa Tremonti, colui che ha sostanzialmente mantenuto lo status quo del fisco occupandosi di rimodulare, riqualificare e ove possibile tagliare la spesa pubblica.


Berlusconi non è certamente insensibile ai segni di insofferenza del mondo produttivo e il rilancio di ieri non è solo una mossa elettorale: è la cifra dei suoi 17 anni di impegno in politica e del suo rapporto con gli elettori che entro il 2013 devono necessariamente trovare una reale concretizzazione. Si tratta di un lavoro che Tremonti ha già avviato da qualche tempo ma che dovrà produrre frutti a breve.

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